Federica Pellegrini: Oro dentro e fuori dall’acqua

“Quello che mi sono sempre imposta, nel bene e nel male, anche sbagliando i tempi e a volte i modi, è stato dire ciò che pensavo con onestà e questa è stata la mia vittoria più importante”.

Presentazione del Libro “ORO”La Nave di Teseo – Mondadori Duomo, Milano 

Intervista a Federica Pellegrini

Cosa ti ha spinto a scrivere un libro? 

Questo per me è un progetto importante, forse il più impegnativo che ho deciso di intraprendere da quando ho smesso di nuotare. Ho pensato di scrivere un libro perché, di fatto, tante cose di me non erano state spiegate, o meglio, erano state raccontate da altri, ma mai da me in prima persona. Mi riferisco alle gare, agli eventi extra nuoto, alle mie storie d’amore: racconto molte cose per come le ho vissute io, con la mia voce. In questi anni ci sono sempre stati dei filtri – e sappiamo bene come funziona il passaparola, una volta risulta sincero mentre altre cambia la realtà o la dinamica dei fatti. “ORO” è un libro vero dove racconto i fatti vissuti in questi vent’anni dal primo all’ultimo minuto. 

“ORO” è un sostantivo spesso associato al tuo nome per le tue performance sportive; come è nata l’idea di questo titolo?

Diciamo che è stato un viaggio molto interessante e non così semplice. Volevamo un titolo che fosse un pò poetico, molto evocativo, non troppo lungo e in qualche modo importante. L’idea è venuta ad Elena Stancanelli – penna di questo libro – e io all’inizio non ne ero convinta, mi sembrava una scelta molto autoreferenziale pensando alle medaglie e tutto quanto, poi invece ho provato a cambiare prospettiva. Oro è un viaggio, quello che ho fatto tutti i giorni della mia vita, la mia rincorsa verso la perfezione durante questi vent’anni; non solo riferito alla medaglia che arriva al termine di una gara o di una carriera, ma più in generale al percorso che mi ha condotto sin qui. Ho metabolizzato: ORO.

Un libro che ispirerà tante persone che ripercorreranno questo viaggio con te; non solo le vittorie, ma anche il desiderio di conoscere Federica, oggi molto amata dal pubblico…

Ammetto di essere molto felice per il riscontro e l’affetto che le persone mi stanno dimostrando. Ho iniziato ad aprirmi al mondo pian piano e devo dire che crescendo, e smussando un po’ gli angoli più pesanti del mio carattere, ho cominciato ad apprezzare il contatto e lo scambio con gli altri e, probabilmente, viceversa le persone si sono avvicinate di più a me. È un aspetto che non è sempre facile da sviluppare, ma ne sono contenta perché lo ritengo un passaggio importante anche per la mia crescita personale. 

Chi ha letto le prime bozze del libro?

Mio marito Matteo ha iniziato a leggere con me le prime bozze scritte da Elena e devo dire che eravamo entrambi molto emozionati. 

Ti sei immaginata chi leggerà questo libro… è per tutte le età? 

Secondo me sì, ho visto tantissimi ragazzi con in mano il libro, moltissimi bambini e anche persone adulte. Credo sia una lettura un pò trasversale. 

Quando ti sei resa conto di essere un modello di riferimento? 

Penso di essermene resa conto quando iniziarono a chiedermi i primi autografi. Erano sempre più giovani di me, nonostante il passare del tempo: non solo la generazione prima della mia, ma anche le successive. Oggi vedere bambini molto piccoli è veramente importante perché significa che stiamo parlando di quasi tre generazioni dietro di me! Sono felice perché ciò che ho fatto nel mio percorso in qualche modo è arrivato come doveva, è stato compreso dalla gente. 

Nel libro racconti molti episodi; alcuni emozionanti e forti, altri più spensierati e divertenti. Una dedica speciale… 

La dedica è stata decisa al termine della stesura. Semplice e immediata. Il mio pensiero va sempre “All’acqua, maestra di tutto” poiché rappresenta il filo conduttore dei miei ultimi vent’anni di vita, di tutto ciò che ho fatto e raggiunto. Nonostante il mondo intorno a me cambiasse nel tempo, l’acqua ha sempre rappresentato un punto fermo, la mia maestra di vita. 

Ti è mai capitato di vivere situazioni così “particolari” da pensare che meritassero di essere scritte in un libro?

A dire il vero mi sono capitate tante cose, però nel preciso momento in cui le vivevo pensavo che forse sarebbe stato meglio non dirle proprio a nessuno! Ride. Invece poi è arrivato il bisogno di raccontare anche quelle. Ci sono episodi che mi fanno molto ridere, a distanza di tempo risultano davvero ironici… Diciamo che sono sempre stata una ragazza rock’n’roll. Sorride. 

Scrivere libri spesso richiede un confronto interiore con se stessi, una sorta di seduta terapeutica. Vale anche per te?

La penna di Elena Stancanelli ha saputo raccontarmi come io non avrei mai potuto fare e come nessuno aveva mai fatto prima. Le ho confidato tutto di me, quanto di più preciso e profondo io fossi in grado di condividere con qualcuno. Sorride. Sono state sedute di terapia intensiva, ore ed ore di chiacchiere tra donne durate per tempi infiniti, giorni, settimane e mesi! Elena è riuscita con la sua penna e la sua grazie a tradurre ogni sfumatura della mia voce in parole precise.

Elena Stancanelli racconta 

Federica Pellegrini…

Cosa mi ha colpito di Federica? Tutto nel senso più assoluto. Io mi sono innamorata perdutamente di lei già il secondo giorno, o forse il primo quando ci siamo incontrate in un ristorante di pesce – io non mangio pesce – ma ero talmente sedotta che potrei anche averlo mangiato quel giorno! Scherza. Mi sono innamorata di questa persona che era apparentemente lontanissima da me; ho dovuto fare un lungo viaggio per incontrarla davvero, nel profondo, e credo di averlo fatto ad un certo punto. Onestamente non avevo mai scritto un libro per qualcun altro, con la voce di qualcun altro e ho capito che mi piaceva farlo. Federica ha una voce molto precisa che è data non soltanto dal suo accento, ma anche dall’attenzione che riserva alle parole, al suo modo di pensare. La mia intenzione era quella di restituire questa voce ed è stato il lavoro più interessante che ho fatto intorno a questo libro: trovare una voce che restituisse chiaramente la forza e la determinazione di Federica Pellegrini. 

Un pò di anteprime. Com’erano i tuoi allenamenti? 

La mia vita è sempre stata scandita da orari precisi e abbastanza ripetitivi. Sveglia alle sette del mattino, alle otto in vasca per fare gli esercizi di prevenzione, otto e trenta in acqua. Nel periodo di massimo carico arrivavo a fare 9 km a seduta – 180 vasche – in acqua; uscivo; mangiavo e riposavo per ricaricare le batterie. Nel pomeriggio la stessa cosa con l’unica differenza che il mercoledì e il venerdì c’era anche la seduta di pesi in mezzo. Riposo solo il sabato pomeriggio e la domenica se non avevo delle gare da affrontare.

Il nuoto è uno sport di fatica…

È un concetto forse difficile, ma spero di trasmettere ai giovani che leggeranno questo libro che il nuoto non si vive soltanto durante le gare, davanti ai riflettori. Il nuoto non si inizia per diventare famosi o per fare soldi, ma in primis perché ti piace questo sport. È troppo difficile riuscire a vincere o fare soldi nel nuoto: lo devi iniziare per un unico e solo motivo, la passione. – Alza lo sguardo commossa – E io l’ho amato da impazzire!  Detto questo è un impegno molto faticoso, non voglio parlare di sacrifici perché questa vita l’ho scelta io, non mi è stata imposta da nessuno e quindi non sarebbe giusto parlare di sacrifici e di cose non fatte… avrò tutto il tempo di recuperarle adesso!

Nel libro racconti la preparazione precedente alle gare, il rigore, la forza e la concentrazione necessarie. Una vita da campionessa trascorsa a competere con te stessa e con gli altri. Cosa ti emoziona oggi, ti fa salire l’adrenalina e in cosa la cerchi? 

Senza anticipare troppo, il libro termina un pò con questo dilemma: cosa mi darà la stessa adrenalina che mi ha dato per vent’anni fare questa vita? Io penso che non ci sarà mai niente che mi darà la stessa adrenalina, ne sono consapevole e sono serena da questo punto di vista. Ci sono altri progetti in cui credo naturalmente, ma temo che la gioia e la sofferenza che provavo nel pre-gara, durante la gara e nel post-gara non le proverò mai più: quando tu soffri così tanto prima è logico che gioire dopo sia altrettanto esponenziale. Non ci sarà più quella sofferenza prima, di conseguenza non ci sarà mai una tale gioia dopo. 

Al di là della componente agonistica dello sport, qual è oggi la tua attitudine nel vivere l’acqua? 

Vivo l’acqua proprio come ho sempre fatto; quando vado in piscina mi alleno con i ragazzi, non vado per fare una semplice nuotata avanti e indietro. Ammetto di esserci andata  molto poco da quando ho smesso di nuotare. L’acqua per me è il nuoto, la competizione e mi piace stare in acqua perché è il mio elemento, lo è stato per vent’anni. Non c’è un cambio di approccio da parte mia. Non sono mai arrivata a odiare l’acqua nemmeno quando ho smesso di competere; non l’ho fatto perché non mi piaceva più nuotare o perché odiavo l’acqua, ma perché il mio fisico non ne poteva più e non mi sarei mai permessa di andare ad una competizione internazionale per far passerella. Non avrei potuto farlo da sportiva né tantomeno da donna orgogliosa che ha sempre dato il cento per cento.

Quando hai deciso di abbandonare il nuoto, cos’hai provato…tristezza? 

Più che altro direi malinconia. Per vent’anni ho sempre fatto la stessa cosa…Innanzitutto bisogna partire dalla consapevolezza che ti mancherà l’adrenalina legata a certi momenti che non ritorneranno mai più e poi.. che dire. Ho trascorso il primo mese a dormire fino a tardi! Ride. Ho dormito moltissimo. In realtà le prime mattine mi svegliavo, preparavo la borsa e poi mi dicevo: “Fede dove stai andando, torna a letto!”. Nel tempo ho iniziato a fare delle cose, in qualche modo a perdere tempo mentre prima sarebbe stato impossibile per me che sono sempre stata un soldato. Quando sei un’atleta hai tutto schedulato al centesimo di secondo; anche passare due settimane sulla neve e imparare a sciare è stata una fortuna che finora, a 35 anni, non avevo ancora avuto. Detto questo credo di aver abbandonato il nuoto nel momento più giusto per me, grazie ad una serie di fattori che mi hanno suggerito che era giunto il momento di dare il mio addio.

Ti sei fatta un’idea degli impegni futuri? 

Diciamo che sono in continua evoluzione e questo libro è stato il progetto più importante a cui dedicarmi da quando ho smesso di nuotare. Un impegno che ha richiesto tempo e impegno; ci credo molto e mi emoziona guardarlo, sfogliare le pagine e ritrovare me stessa. Per il resto sto facendo mille cose differenti e non voglio rinunciare nemmeno a una perché per vent’anni ho fatto sempre un’unica cosa, una soltanto… anche se fatta bene! 

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