“Brescia è una città capace di grande creatività dal punto di vista artistico, ma anche imprenditoriale perché io dico sempre che sono un pò le due facce di una stessa medaglia. Sono fiduciosa che Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 ci permetterà di fare un ulteriore passo avanti nel percorso che la città sta seguendo da quarant’anni di puntare sul patrimonio come elemento di progresso sociale, economico e politico.”
Avvocata Francesca Bazoli

Professionista, Presidente con incarichi in molteplici realtà bresciane e non soltanto. Come concili la tua vita personale con quella professionale?
Devo dire che questa conciliazione è stata difficilissima specie quando i miei bambini erano piccoli; per fortuna ho avuto due formidabili aiuti che erano mia suocera e mia mamma che mi hanno dato una mano decisiva nel crescere i miei figli, oltre che un marito comprensivo. Oggi i ragazzi sono grandi, autonomi ed è diventato tutto infinitamente più semplice anche se ovviamente una mamma è per sempre e quindi loro sono al primo posto nei miei pensieri e nel mio cuore.
A proposito di rapporti familiari, hai un padre importante che in qualche modo ha avuto un “grande peso” nella tua vita. Com’è stato il rapporto con lui quando eri più giovane?
Come tutti i figli che si confrontano con personalità paterne così importanti e di successo, ovviamente non è stato semplicissimo. Ci sono dei vantaggi, ma anche degli svantaggi. Quello che è certo è che mio padre, al di là della dimensione pubblica, è un papà meraviglioso con cui ho un rapporto emotivamente e intellettualmente sempre molto forte e questo è sicuramente solo un vantaggio.
Cosa desideravi fare da piccola?
Sei stata condizionata nella scelta del tuo percorso…
Direi condizionata pesantemente. Sorride. Quando ho finito il liceo gli studi erano la mia passione e quindi avrei scelto la Facoltà di Lettere Antiche per continuare il percorso classico; ero veramente appassionata dalla cultura e dalla letteratura antica. Dopodiché c’era lo studio di famiglia da portare avanti e i ragionamenti con mio padre all’epoca sono stati condizionanti, così ho deciso di diventare avvocato anche per amor suo. Non c’è dubbio. In qualche modo poi la vita si è incaricata di risarcirmi attraverso il lavoro che svolgo per la Fondazione Brescia Musei, ma anche come Presidente di Editrice Morcelliana che mi ha riportata, seppur in modo diverso, molto vicino ai miei interessi di studio passati.
Se potessi fare altro, seguiresti una strada diversa?
A posteriori ammetto di essere molto contenta delle scelte che ho fatto, quindi non rimpiango nulla. Diciamo che all’epoca se non avessi avuto questo confronto con mio papà forse avrei scelto una strada diversa ma, con il senno di poi, sono contentissima di aver fatto le scelte che mi hanno condotta fin qui. In particolare l’esperienza di occuparmi direttamente di una Casa Editrice come Morcelliana o della Fondazione Brescia Musei, seppure in un ruolo gestorio e non da studioso, è veramente interessante e mi appaga molto.
Ti sei fatta promotrice di moltissimi progetti culturali in particolare con la Fondazione Brescia Musei, ma non soltanto…
Mi occupo attivamente dell’Editrice Morcelliana, ma anche con l’Accademia Cattolica. Da giovane avevo iniziato nella CCDC, la Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, e credo che sia l’intrapresa culturale di cui mi occupo da più lungo tempo nella mia vita perché ero stata coinvolta dal professor Matteo Perrini durante il Liceo.

Come nasce la tua passione per l’arte?
La passione per l’arte l’ho bevuta in casa con il latte! Sorride. E poi naturalmente l’ho consolidata negli studi liceali e non solo.
Arte e impegno sociale. Nella tua veste di Presidente della Fondazione Brescia Musei supporti e dai voce anche ad artisti che raccontano storie difficili come Zehra Dogan, Victoria Lomasko, Badiucao…
Diciamo che interpreto l’impegno di Brescia Musei come una sorta di servizio sociale alla mia città, un impegno di volontariato puro che sento moltissimo. Nella mia famiglia c’è sempre stata una fortissima attenzione all’impegno civile politico diretto: il mio bisnonno, il nonno, mio cugino. Politici veri, deputati parlamentari, mio zio è stato Assessore all’urbanistica e anche mio papà in qualche modo ha interpretato il suo impegno in campo finanziario in una dimensione di servizio civile. Intendo dire che la passione per la politica e per il servizio pubblico è discesa dalla mia famiglia.
Nell’ambito di questo servizio civile con la Fondazione ha avuto quest’idea dei musei sempre più aperti all’interazione con la città, al servizio della città, che è un’idea molto moderna.
Come stiamo vedendo in questo ciclo partecipativo “Open doors” i musei rientrano appieno nel sistema di welfare sociale e ritengo sia molto interessante portare avanti questo progetto da consolidare in Italia così come in altre grandi realtà europee. E naturalmente il tema degli artisti contemporanei dissidenti, un filone che abbiamo coltivato insieme al Consiglio della Fondazione in collaborazione con il Comune di Brescia all’interno del Festival della Pace con il Presidente del Consiglio Comunale Roberto Cammarata.
Faccio un passo indietro con riferimento all’arte che hai respirato in casa, magari grazie a tua madre. Com’è stato il rapporto con lei?
Io ho avuto la fortuna di avere una mamma dedicata completamente a noi fratelli, alla nostra crescita, e quindi direi decisiva nell’accompagnarci in ogni momento della nostra vita sin da piccini. Lei ha vissuto una dimensione tradizionale dell’epoca per cui le donne stavano a casa e si occupavano dei figli, mentre avrebbe avuto i numeri per lavorare e fare anche tanto altro. Dall’altro lato per noi è stato un bene perché abbiamo sempre avuto una mamma a casa. Poi aggiungo che dal punto di vista delle passioni mia madre ha avuto un ruolo importante perché è un’appassionata d’arte, amante dei viaggi, e dobbiamo ringraziare lei per averci fatto girare il mondo e vedere tante mostre e musei, luoghi e culture differenti che ci hanno permesso di avere una visione ricca e aperta in tal senso.
Una donna illuminata del suo tempo… proprio come è illuminata Bergamo e Brescia Capitale della cultura italiana 2023. Quali le iniziative previste per i prossimi mesi?
Sono davvero moltissimi i progetti, a partire da quello che è in corso in questo momento, la grande mostra dedicata a Giacomo Ceruti “Miseria&Nobiltà – Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento” che si avvale del contributo di David LaChapelle con l’esposizione fotografica “Nomad in a Beautiful Land”. Un progetto iconico, emblematico; il rilancio di un grandissimo artista che ha vissuto la maggior parte della sua vita a Brescia e che, seppur molto conosciuto, non è stato valorizzato come uno dei grandissimi dell’arte quale lui è. Un grande artista identitario capace di cogliere lo spirito del nostro territorio con una grande attenzione agli emarginati, agli esclusi e questa è una caratteristica assolutamente tipica dell’anima, della parte migliore del territorio bresciano dimostrata nel corso della storia. Infatti quando Ceruti va a Venezia dipinge i nobili e le scene pastorali, tutto quello che si dipingeva all’epoca, ma a Brescia dipinge gli emarginati con una empatia straordinaria e questa è la sua grandissima genialità e creatività, una novità nel panorama dell’arte italiana. Aggiungo che secondo me l’operazione Ceruti é in un certo senso significativa di ciò che dev’essere la Capitale della Cultura, far comprendere ai bresciani in primis, ma poi a tutti gli italiani e agli stranieri, che Brescia è un patrimonio artistico monumentale davvero straordinario così come tante altre grandi città italiane. Così come Brescia è un po’ sottovalutata anche Giacomo Ceruti lo era e forse anche questo in qualche modo ci accomuna. Sorride. In generale ritengo che si stia facendo davvero molto quest’anno, in modo corale, c’è veramente un fervore di iniziative da parte di soggetti differenti allo scopo di illuminare Brescia e farla conoscere al mondo come una città capace di grande creatività dal punto di vista artistico, ma anche imprenditoriale perché io dico sempre che sono un pò le due facce di una stessa medaglia. Sono fiduciosa che questa Capitale della Cultura ci permetterà di fare un ulteriore passo avanti nel percorso che la città sta seguendo da quarant’anni, di puntare sul patrimonio come elemento di progresso sociale, economico e politico.
Parità di genere. Cosa ne pensi?
Oggi è cambiato il mondo rispetto ai tempi di mia madre, un abisso rispetto alla consapevolezza di mia figlia. Io sono nel mezzo in un certo senso e devo dire che lo sguardo di mia figlia mi ha aiutato tantissimo a comprendere quanto siamo ancora indietro su questi temi, quanta strada dobbiamo fare per raggiungere la parità di genere. É come se ci passassimo un testimone invisibile per avanzare di un pezzetto verso un traguardo…ancora molto lontano!
Tre figli, che rapporto hai con loro?
Splendido! Sorride soddisfatta. Non sono stata una madre presentissima nella loro vita, però ho potuto contare su due aiuti come diceva mia suocera “non mercenari”, perché gli aiuti dei nonni sono assolutamente spontanei e amorevoli. Mi hanno aiutata davvero a crescere i miei figli, a mantenere con loro un rapporto stupendo e di grande confidenza che continua ad essere il mio tesoro più prezioso.
Vorrei sapere cosa pensi dei giovani di oggi…
Il mio angolo visuale forse è un pò ridotto, non sono certo al pari di un professore che incontra moltitudini di giovani, tuttavia i ragazzi mi fanno ben sperare perché al di là di quello che tradizionalmente si dice che “i giovani sono disinteressati e indisciplinati” io li trovo estremamente impegnati e desiderosi di cambiare il mondo attraverso gli innumerevoli strumenti di conoscenza che hanno a disposizione. Sostanzialmente possiedono strumenti di accrescimento notevolissimi rispetto ai nostri; basti pensare alla possibilità di viaggiare per sentirsi cittadini consapevoli del mondo o tutti gli approfondimenti disponibili in tempo reale grazie all’infinito universo digitale. Penso anche che queste sfide siano per certi versi disorientanti, difficili da sostenere per molti giovani, mi rendo conto e sento spesso parlare di un disagio giovanile diffuso, specialmente dopo il Covid che ha impedito loro di frequentare la scuola e i coetanei per molti mesi. Hanno davanti a loro una realtà assai più precaria di quella che conoscevamo noi, sotto ogni punto di vista. Mi rendo conto che possono esserci delle difficoltà concrete, lo vedo chiaramente, ma posso aggiungere che molti giovani di oggi che io conosco, anche grazie ai miei figli, hanno una forte spinta ideale e possibilità notevoli e quindi guardo con fiducia al loro futuro.
Se potessi dare loro un consiglio, un messaggio?
Secondo me il messaggio più profondo che posso dare loro, e che ripeto sempre a me stessa, è di coltivare le proprie risorse interiori perché solo così facendo potranno sentirsi liberi e appagati.