Dalla pelle di argilla all’anima

Ha scritto Giovanna Galli che la bresciana Giuseppina Fontana ha un’autentica vocazione per la materia, una vocazione che nel corso del tempo è maturata, in maniera sottile ed insinuante, fino a farsi perentoria e impossibile da essere inascoltata. Giusi ha individuato la propria direzione creativa in uno stile che, non dimenticando le fonti classiche, soprattutto nella compostezza degli equilibri formali e volumetrici, ha raccolto pienamente le novità del linguaggio plastico del Novecento introdotte dai massimi innovatori quali Rodin, Camille Claudel o il nostro Medardo Rosso. La scultura liberata dalle rigidezze celebrative è divenuta racconto umano, un racconto immerso nel quotidiano del gesto e del sentimento, evocativo e poetico. Marcel Proust scrisse: “Le opere salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore”
Le tue opere hanno una presenza fisica importante. Sono “ingombranti” non in termini di spazio ma di emozioni che racchiudono. Coinvolgono l’osservatore in uno scambio profondo con la materia e pongono degli interrogativi.
Fin dall’inizio plasmare la terracotta mi ha sempre dato il senso di ritrovare me stessa. Attraverso l’esplorazione della materia, più che gli interrogativi, prende forma la comunicazione non verbale delle riflessioni, dei pensieri e dei dubbi, quasi l’argilla fosse un diario su cui annotare il mio stato d’animo. Nelle mie opere non c’è l’intenzione di porre interrogativi.
Come nasce l’arte per te? Cioè è più introspettiva e legata alle tue esperienze di vita che fanno nascere e crescere in te l’impulso a creare qualcosa di “artistico” o è più legata alle relazioni con il mondo esterno?
La necessità di creare nasce da un impulso interiore e personale generata dal bisogno di esprimere l’indicibile, che passa attraverso la bellezza del corpo e si traduce in scultura intimista. Essa indaga la mia immagine dell’essere umano che ritrova se stesso, nella sua interezza interiore ed esteriore, attraverso attimi di riflessione, solitudine rigenerante, lievi inquietudini e silenzi profondi, senza mai esprimere particolari turbamenti così da raggiungere un’equilibrata relazione con il mondo e la natura che lo circonda attraverso la percezione corporea.
Secondo te quanto pesa la materia e quanto pesa l’anima nei tuoi lavori?
Anima e Materia sono strettamente correlate da un rapporto intimo, viscerale e primario. Questa correlazione trova compimento nella gestualità dei corpi e delle mani e nella vibrazione della superficie della pelle resa imperfetta e incompleta dalla lavorazione dei soli polpastrelli delle mia dita. Tale vibrazione ha la caratteristica di poter variare con il mutare della luce. Questo elemento, sia che sia naturale o artificiale, lo ritengo assolutamente fondamentale per una profonda percezione dello stato interiore e meditativo che la scultura esprime, così da creare un rapporto di empatia con l’osservatore. Per poter rappresentare meglio questo assioma ho iniziato a dedicarmi anche alla fotografia che mi permette di sperimentare un’osservazione dinamica delle mie sculture. Le ruoto, le appoggio su un tavolo o le sospendo nel vuoto giocando con la luce radente. L’atto creativo taglia come una lama i particolari anatomici, li svela, li sovrappone, li isola nello spazio. Anche il colore cangiante delle patine sottolinea la scabrosità del modellato accentuandone la matericità della “pelle”.
Un tuo soggetto importante nella scultura è certamente la Natura, sia quella della fauna e della flora ma soprattutto la Natura Umana. Cosa ti ispira?
Prediligo la Natura Umana e la sinuosità delle forme del corpo. Le posture che rappresento non sono mai casuali, ogni parte del corpo parla per il tramite di una particolare gestualità e flessuosità che, per essere colte, devono essere osservate da più punti di vista, un invito ad abbandonare la staticità in cui spesso ci arrocchiamo, anche nel quotidiano.
Mi pare che la tua Natura, che sia umana o non umana, non abbia però una vita facile. Sbaglio?
La percezione delle mie opere nasce dal vissuto che ogni persona ha affrontato e accolto, ogni osservatore rivisita nella visione il proprio sentire.
E’ anche vero che la Natura contiene in sé l’energia della vita, il potere di ricreare continuamente la vita. E’ un caso che tu prediligi i soggetti femminili?
Li prediligo per la grazia e l’eleganza intrinseca che trovano la loro espressione nella nudità che non è da percepire quale elemento di seduzione, bensì di idealizzazione dell’interiorità e preziosità dell’essere umano. I miei soggetti sono profondamente consapevoli dell’attimo che stanno vivendo, mediante l’astrazione e l’allontanamento da tutto ciò che è il materialismo asfittico che spesso rischia di soffocarci. Questo non è comunque da intendersi un discrimine verso il soggetto maschile che realizzo prevalentemente su commissione e nei ritratti.
A proposito abbiamo dato per scontato che la scultura sia la tua forma di espressione prediletta? Forse perché la maggior parte delle tue mostre erano dedicate a opere plastiche, ma tu in realtà dipingi anche.
Inizialmente mi dedicavo sia alla pittura che alla scultura in quanto ero ancora alla ricerca di ciò che veramente mi rappresentava. Successivamente la mia pittura è diventata sempre più materica e “scultorea” attraverso la stesura dei colori ad olio con la spatola. Con il tempo mi sono però resa conto che solo la scultura, ed in particolare la modellazione dell’argilla, fosse più consona alla mia ricerca di espressione, attraverso superfici diafane ed imprecise e composizioni che, a volte, sfidano la forza di gravità rischiando la rottura in fase di realizzazione a causa dell’incredibile fragilità della materia ancora cruda.
Quale è stato il tuo percorso di formazione?
Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia che ha sempre avuto la passione e l’amore per l’arte, con particolare attenzione per gli artisti locali, soprattutto quelli della Valle Sabbia che vivevano in stretta amicizia con mio nonno materno. In casa avevo librerie piene di pubblicazioni relative a monografie di artisti, mostre e musei, nonché tele appese alle pareti e sculture disseminate in ogni angolo. Già all’età della scuola media passavo ore a sfogliare, ammirare e riprodurre in modo goffo le opere che più mi affascinavano, incuriosita dalla resa dei colori, dai particolari e dalla plasticità dei corpi esaltati dalla luce: Dalì, Egon Schiele, George de La Tour e soprattutto Camille Claudel e Rodin. Successivamente ho frequentato il liceo artistico e qui ho avuto la possibilità di iniziare a conoscere ed amare la scultura modellata sotto l’insegnamento del professore Tullio Cattaneo, artista di fama nazionale. Ho poi subito il fascino dello scultore Severino, soprattutto per la sua capacità nel modellare le mani che, dato il numero elevato di articolazioni, ritengo sia la parte più espressiva del corpo umano. Solo dopo l’università ho però iniziato a dedicare maggior tempo e consapevolezza nella realizzazione delle sculture.
Quale suggerimento daresti ad un giovane che vuole esprimersi con l’arte? In altre parole quanto conta la scuola e quanto il talento?
Essere curioso, sperimentare, andare alla ricerca di maestri per un confronto assiduo e sfrenato; osare, uscire dalle regole. Credo che assolutamente conti più il talento della scuola, sono molti gli artisti autodidatti che non si sono fatti imbrigliare dalle regole accademiche delle scuole.
Tu hai già all’attivo diverse mostre sia collettive che personali che hanno riscosso un buon successo. Per il futuro cosa ti piacerebbe fare?
Da poco ho iniziato una collaborazione con la galleria “Rinascita” di Sarnico che, in questo periodo non facile, ha fatto una scelta coraggiosa con l’intento di esporre una serie di grandi nomi dell’Arte e valorizzare anche artisti minori presenti sul territorio italiano. Auspico che il rapporto instaurato sia fecondo e duraturo, anche se la situazione pandemica non è d’aiuto ed è quindi fondamentale essere resilienti e supportarsi a vicenda. Per il futuro mi piacerebbe azzardare di più nello sfidare l’equilibrio della forme e della materia e realizzare un’opera monumentale. La presenza di un’opera monumentale porta ad una riconfigurazione dello spazio: è interessante la percezione di questo passaggio “un libro bianco che si riempie di parole non dette”.
Credo che molti visitando una tua mostra o osservando una tua opera ti rivolgano delle domande o ti chiedano delle spiegazioni. C’è qualcosa che avresti voluto dire e che nessuno ti ha mai chiesto?
In tutte le opere c’è sempre un luogo interiore: il visibile e il non visibile, il detto e il non detto è l’obiettivo primario e intrinseco dell’opera artistica. George Braque insegna che “c’è una sola cosa che valga in arte: quella che non si può spiegare”.
Cosa pensi della celebre affermazione di Picasso: “L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni.”?
Questo concetto è sempre attuale. La cultura, sotto ogni suo aspetto, fa crescere le persone che ne possono godere. Teatri, cinema, mostre, libri sono tutte forme di espressione che aiutano ad aumentare la percezione e la conoscenza di se stessi e della propria qualità della vita, sia del singolo che della collettività. Ne è la dimostrazione anche questo lungo periodo di segregazione causato della pandemia. Ognuno di noi sta soffrendo per il fatto di non poter vivere i luoghi dell’arte che si fondano sull’espressione degli individui e della loro umanità. Molti amici si sentono intrappolati in una vita stereotipata fatta solo di lavoro e null’altro. La bellezza dell’arte, quindi, non è superficialità, al contrario, ci offre uno strumento per rigenerarci, ci offre speranza, ottimismo. Il bello provoca emozioni capaci di agire sulla mente, anche più della medicina.
Nella scena contemporanea trovi artisti degni di confronto ai classici ?
Prediligo sempre la scultura figurativa e materica alla pittura. Ci sono artisti formidabili che lavorano la materia con una facilità estrema creando effetti plastici strabilianti. Grzegorz Gwiazda, Jago, Ettore Greco e Matteo Pugliese, quest’ultimo con le opere “Extra Moenia”, sono solo alcuni dei miei artisti preferiti che hanno però un’espressione artistica completamente differente rispetto alla mia in quanto rappresentano figure maschili energiche con una estrema tensione plastica. Quasi tutti questi artisti hanno però in comune una personalissima reinterpretazione delle opere di Rodin