Dalle rive della Valtènesi fino alle piste dei Mondiali di sci alpino, affrontando gioie e dolori con serenità, determinazione e una voglia irrefrenabile di mettersi alla prova per superare i propri limiti. Tutto ciò ha contraddistinto e caratterizza la giovane carriera di Marta Rossetti, promessa dello sci italiano e gardesano che lo scorso 18 febbraio ha esordito ai Campionati mondiali di Courchevel-Meribel, nella specialità, lo slalom, che l’ha vista crescere sempre di più in questi anni fino a raggiungere il 23esimo posto nella classifica della kermesse mondiale.

Come valuti questa prima esperienza al Mondiale? Pensi di essere stata condizionata da agitazione o tensione?
“A dire la verità mi aspettavo di essere molto più agitata, mentre alla fine sono stata forse quasi troppo tranquilla…avrei potuto attaccare certamente di più, dando il tutto per tutto e controllandomi un po’ meno. Sensazioni certo non paragonabili all’esordio ai Mondiali Juniores a 18 anni o alla prima Coppa Europa, quando ero veramente agitatissima. Sinceramente mi aspettavo un risultato migliore dopo la settimana di allenamenti durante la quale ho sciato molto forte, anche se in gara le condizioni erano un po’ diverse. Stiamo comunque parlando dei Mondiali, per cui arrabbiatura e delusione sono durate poco considerato anche l’essere arrivata a mezzo secondo dall’obiettivo delle prime quindici e a due secondi dall’oro, non un brutto risultato. L’obiettivo è ora fare meglio ai prossimi appuntamenti”.
A 23 anni la carriera di Marta è infatti già costellata di diverse tappe importanti, a partire dagli esordi sugli sci da giovanissima fino all’arrivo in nazionale. Come vedi oggi il tuo percorso da atleta?
“Per me è un sogno essere arrivata a questi livelli, tant’è che all’inizio non mi sarei aspettata di arrivare alla Coppa del Mondo. È stato un percorso inatteso e sorprendente, che ho affrontato ponendomi passo dopo passo obiettivi sempre più importanti. Una volta arrivata in nazionale, ho capito che lo sci poteva diventare il mio lavoro, la mia vita, un modo per mettere in campo il mio essere fortemente competitiva nonostante sia sempre stato soprattutto motivo di divertimento. È iniziato tutto a tre anni come un gioco, quando da bambina sciavo insieme a mia sorella maggiore durante le vacanze invernali a Madonna di Campiglio. Poi con il tempo lo sci è divenuto un’abitudine abbastanza frequente in famiglia, e in testa avevo sempre il desiderio di sfidarla e batterla. D’estate poi ero anche impegnata nell’atletica, dove riuscivo a raggiungere buoni risultati nonostante non mi preparassi ad hoc, ma una volta arrivata a livello giovanile ho sentito che lo sci era lo sport per me, dove avrei potuto sognare qualcosa di importante per il futuro. È stato tutto estremamente naturale.Con il senno di poi, posso dire che sia stata una fortuna crescere senza ambizioni particolari ma con la sola voglia di dare tutta me stessa. Vivere l’attività agonistica in questo modo mi ha infatti permesso di godermi l’adolescenza senza paletti, con la tranquillità e la serenità che magari tante altre atlete oggi non possono permettersi: per me lo sci è sempre stato soprattutto divertimento, un “di più” che caratterizzava le mie giornate da ragazza normale e non da futura atleta, e questo mi ha fatto crescere step dopo step fino ad una maggiore consapevolezza delle mie capacità.
Un traguardo importante quello del primo Mondiale arrivato purtroppo in ritardo per lei costretta a rinunciare all’edizione 2021 di Cortina a causa del più classico degli infortuni per chi gareggia sugli sci, ovvero la rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro, a cui è seguita lo scorso anno la rottura dei legamenti della caviglia. Come hai affrontato i giorni successivi all’infortunio?
“In quel momento non l’ho presa benissimo e mi è dispiaciuto molto, proprio per l’imminente appuntamento con i Mondiali di Cortina. Era però un periodo di forte stress, e infatti non credo di essermi fatta male unicamente per una questione di sfortuna: è stato comunque pesante, sia per il dolore sofferto che per l’impossibilità di fare ciò che mi rendeva felice, così come anche l’anno scorso con l’infortunio alla caviglia, per la quale fortunatamente non mi sono dovuta operare. Ma quel primo pesante infortunio mi ha permesso di crescere molto nei sei mesi successivi, di capire tante cose di me stessa soprattutto dal punto di vista mentale, tant’è che rispetto a tre anni fa oggi mi sento un’altra persona.
Con il senno di poi, se non fossi diventata atleta, cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?
Riguardandomi indietro, posso dire con certezza che mi sento nata per lo sport, visto come fin dai primi anni sono sempre stata particolarmente competitiva in tutto, dalle uscite con gli amici alle prime discese con gli sci. Sono sempre stata estremamente legata al mondo dello sport fin da bambina: uscivo insieme a mio papà e agli amici con i roller così come ho provato basket durante la scuola, mi piaceva poi molto l’atletica così come il tennis, che adoro ancora oggi. Tante attività che mi hanno certamente aiutata fin da subito a crescere come sportiva, sia da un punto di vista fisico, con lo sviluppo di equilibrio e coordinazione, sia mentale, proprio per la voglia costante di primeggiare contro chiunque.
Ad un cero punto però hai capito che lo sci sarebbe stato il tuo presente e futuro.
Lo sci mi ha sempre dato qualcosa di più a livello generale, dal contesto di vita alle esperienze di crescita in compagnia degli altri ragazzi dello sci club, e la cosa che preferisco è l’atmosfera unica che si respira all’interno della comunità che pratica questa disciplina, ricca di passione e divertimento. Ho capito quanto amassi questo mondo, e di conseguenza quanto mi mancasse, proprio durante i sei mesi di stop dopo l’infortunio del 2021. E oggi per me è ancora così, ho la fortuna di avere compagne di squadra con le quali mi trovo molto bene a livello personale, e questo è importante per uno sciatore visto come in ritiro si passi insieme praticamente tutto il tempo e si crei spesso un legame di amicizia, nonostante sia pur sempre uno sport individuale. Pur essendo una vita impegnativa, tra allenamenti, viaggi e gare, riesco comunque a ritagliarmi del tempo per me soprattutto d’estate, quando mi piace uscire con le mie amiche e andare in barca sul lago, così come andare a giocare a tennis, anche subito dopo l’allenamento. D’inverno vivo invece in modo frenetico ma ciò mi piace molto, come ho capito soprattutto durante l’infortunio, quando non vedevo l’ora di ripartire.

Com’è il tuo rapporto con i social e la visibilità?
In realtà leggo molto poco di quello che viene scritto su di me, anche perché mi è capitato più volte in passato di arrabbiarmi per quello che le persone dicevano senza nemmeno conoscermi. All’inizio della carriera in realtà mi piaceva approfondire quanto veniva pubblicato per sapere l’opinione delle persone, ma nel trovarmi dispiaciuta per quello che alcuni pensavano e scrivevano senza motivo, ho preferito non dare più tutta quella attenzione alle critiche, positive o negative che fossero.Parlavo di ciò recentemente anche con i ragazzi dello slalom, che mi hanno confermato la presenza costante nel nostro sport di haters o persone che lasciano commenti di cattivo gusto sui loro profili social, e onestamente proprio non riesco a capirne il motivo. Noi facciamo il nostro al di là dello sport, viviamo la nostra vita, e sentire commenti sgradevoli su ciò non credo abbia motivo di esistere; anche perché la maggior parte delle persone non sa l’impegno e i sacrifici che ci sono dietro ad un’attività di alto livello, ma mi rendo conto che sono cose che comprendi una volta dentro questo mondo, e perciò spesso gli atleti vivono all’interno di una “bolla” composta soprattutto da concentrazione e allenamento.
Per fortuna, ci sono molti più tifosi e persone che sostiene e incoraggia piuttosto di chi ti affonda a prescindere, ed è bellissimo ricevere complimenti per quello che faccio. Soprattutto quando sono ragazze giovani, nelle quali rivedo molto una Marta che guardava con ammirazione gli atleti della nazionale.
Quali aspettative hai per il futuro? C’è un sogno nel cassetto?
Mi sono già prefissata alcuni obiettivi il prossimo anno per cercare di migliorare sotto diversi aspetti, e devo dire che oggi mi sento particolarmente bene. Certo è che la differenza tra successo e sconfitta viene decisa da piccoli dettagli, ad alti livelli ancora di più, e tutto questo mi stimola tantissimo anche perché ho grande fiducia nei miei allenatori e in tutto lo staff che ci segue in nazionale. Il sogno grandissimo è certamente orientato verso le Olimpiadi di Milano Cortina del 2026, su cui però ora non voglio concentrarmi tanto perché non sarebbe giusto: è sì un obiettivo, ma in questo sport non sai mai cosa può riservarti il futuro, e nel frattempo mi attenderanno ancora tanti appuntamenti e tappe importanti per la mia carriera. Adesso sono felice e la cosa che mi auguro è di poter vivere lo sci in un contesto positivo e sereno come lo è adesso, cosa che conta tantissimo, per cui non posso che essere fiduciosa.
Cosa diresti ad una ragazza che ti chiede consiglio per diventare anche lei un atleta come te?
Una cosa che direi, come ho fatto anche nei confronti di una ragazza giovane che si allena con me, è che non bisogna avere paura se si vuole andare lontano in questo sport. Bisogna viverlo in modo tranquillo e con la consapevolezza che dopo c’è sempre un’altra gara, qualunque risultato si conquisti. Ci vuole tanta determinazione, passione e, soprattutto, vivere la disciplina con amore, divertendosi sempre, per poi una volta cresciuta affidarsi a persone di cui ci si fidi totalmente. Ognuno ha il suo carattere e il suo percorso, ma fondamentale è sempre credere in sé stessi, perché la differenza la fai sempre e solo tu!