founder di Via Fratelli Lombardi 1

Chi è Sara Zucchini?
Vorrei iniziare a raccontarvi chi sono presentando Via Fratelli Lombardi 1, il mio store nato da un’esigenza personale.
Il barcamenarsi in un mondo della moda, così persuaso dal “fast shopping” dal “fast market” e compagnia bella, mi ha seriamente indotta a ricercare nello stesso settore un po’ più di verità, di trasparenza e di onestà concedendo al consumatore dei valori più incorrotti e cristallini. Un esempio? Osservi un cappotto in una vetrina e se oggi costa cento, domani durante il black friday costerà 70, dopodomani con il cyber monday 50 e poi con i saldi 40, ma il cappotto sarà sempre lo stesso e il consumatore si dissocierà dal suo valore effettivo mitragliato da un assetto totalmente discordante. Oggi come oggi non si riconosce più il valore del prodotto, viviamo in un’ottica collettiva puntata al ribasso. Ecco perchè ho scelto di cambiare rotta aprendo via Fratelli Lombardi 1, uno spazio, nel cuore di Brescia, un concetto di vendere, comunicare, ed educare, fashion.
Via Fratelli Lombardi 1 è anche uno spazio estremamente versatile, una vetrina reale e virtuale all’interno della quale convergono brand intrisi di valore che hanno fatto del made in Italy, dell’artigianalità e della sartorialità il proprio know-how.
Siamo in poche parole un concept store che però non amo definire tale, perchè in Italia il suo significato molto spesso viene frainteso come un rebelot di cianfrusaglie.
Ecco noi siamo l’opposto, proponiamo prodotti esclusivi, di ricerca, ampliamente selezionati e tutti eguagliati da significati imprescindibili che ritrovano nell’italianità il loro valore aggiunto.
I nostri brand possiedono una filiera corta avvalorata da sapienti artigiani, rispetto per l’ambiente ma soprattutto una grande etica nel lavoro, tutti aspetti che vanno a costruire un valore di prodotto e quindi un prezzo. Un prezzo che per queste validissime ragioni deve essere sostenuto e mai corrotto. Proprio per questo motivo abbiamo scelto di adottare delle politiche di prezzo meno aggressive andando ad infondere in ogni nostro cliente quelle che sono le nostre skills. Lo accompagniamo all’acquisto di un prodotto di qualità, raccontando le caratteristiche di quel capo, se un prodotto è stato ad esempio confezionato con filati di Cariaggi, quelli che utilizza la maison Cuccinelli per intenderci, e quindi 100% cashmere, infondiamo la politica della trasparenza identificando nel prodotto un prezzo adeguato. Tutto ha un valore e questo valore deve essere tutelato.
Il tuo utente comprende questo concetto, in controtendenza rispetto a quanto accade?
Io credo moltissimo nella nostra attività di story telling, cerco di infondere al consumatore la vera qualità di ogni prodotto e il vero valore di ciò che sta acquistando. Amo esporre alle mie clienti le differenze tra un prodotto e un altro, tra una seta italiana e una seta Liberty London ad esempio, un brand di tessuti che lavora con le microfantasie, proprio Gucci ha da poco lanciato una collezione Liberty utilizzando proprio questi tessuti. Liberty possiede peraltro una divisione legale che verifica il corretto utilizzo dei propri tessuti nel rispetto del prezzo e del valore del prodotto confezionato in fase finale. Tutte tutele che donano il valore ad un capo.
Penso, ma al contempo spero, di non appartenere all’era delle grandi catene da centro commerciale, e confido nell’infondere la cultura dei famosi “due passi in centro”, alla scoperta del valore vero delle cose, in fondo proveniamo proprio da questa civiltà.
Il Covid ci ha riavvicinati al famoso “due passi in centro”?
Il Covid ha fatto emergere anche questa volontà, quella di voler tornare a vivere le vie della propria città e di rifomentare quella consapevolezza legata al prodotto e alla territorialità che stavamo perdendo. Ritengo fondamentale riconoscere la tracciabilità dei capi che sto acquistando, proprio come quando mi trovo al supermercato e indago la scheda degli ingredienti di un determinato prodotto alimentare. Il consumatore deve sapere costa sta acquistando. Nell’abbigliamento purtroppo manca questa sensibilità e a dirla tutta non esistono nemmeno più regole in fatto di dress-code. Purtroppo manca il rigore, osservi gente ai funerali con i bermuda o spose mezze nude in Chiesa probabilmente oggi più che mai in questo senso abbiamo bisogno di tornare un pochettino indietro.
Manca secondo te coesione tra voi commercianti?
Assolutamente sì.
Vero è anche che, le realtà che dovrebbero fare sistema e che sono state delegate a sostenerci parlano un “burocratese” molto pesante e difficile da tradurre a realtà. Manca peraltro anche un buon marketing a sostegno, manca creatività, è necessario fondere l’esperienza del passato insieme ai nuovi dictat suggeriti dalle nuove generazioni. Il Covid in questo mi ha donato una grande opportunità quella di diversificare la nostra presenza che non vuol dire sostituire. Per poter lavorare, anche in un periodo delicato come questo, che tutt’ora stiamo attraversando, abbiamo dovuto digitalizzarci e operare in smart working. Dal punto di vista economico e organizzativo è stata una vera e propria follia, abbiamo costituito un gestionale, una sorta di magazzino virtuale dove l’articolo entra ed esce e dove permane uno storico sugli acquisti dei clienti, attraverso questo sistema di monitoraggio siamo riusciti ad organizzarci al meglio. Con l’utilizzo di queste piattaforme digitali lavoriamo con moltissimi brand in conto vendita, offrendo al contempo agli stessi brand la possibilità di essere presenti con tutti i propri prodotti con il drop shipping, un modello di vendita grazie al quale il venditore vende un prodotto ad un utente finale, senza possederlo materialmente nel proprio magazzino.
Pensi sarà questo il futuro dello shopping?
Il rapporto con la cliente è oro, ma attuare il famoso piano B soprattutto in momenti come questi è fondamentale. Durante la prima fase del lockdown abbiamo chiuso il negozio, rivonvertendo il marchio alla produzione di mascherine per aiutare la Protezione Civile, le RSA e la Croce Bianca, impiegando la sartorialità e l’eccellenza dei nostri tessuti per una difesa collettiva.
Nel frattempo abbiamo dovuto guardare avanti con lungimiranza cercando di diffondere messaggi positivi. Ecco perchè per noi è stata un’opportunità. Abbiamo inserito all’interno del nostro team una ragazza della Bocconi impiegata nel management e per noi lavorare con un’Istituzione come l’Università Bocconi, un punto di riferimento scientifico e culturale nelle scienze economiche, manageriali, quantitative, giuridiche oggi è molto importante. É fondamentale riconoscere potere nella visione dei millennials e se potessi, se fossi a capo di un’attività solida e avviata, destinerei l’80% del mio budget alla comunicazione e all’ADV perchè è quella la potenzialità di un’azienda.
É quindi necessario investire in campagne di comunicazione importanti e massicce sostenute però da un vero piano di comunicazione.
Se ti siedi sulle tue idee probabilmente non arriverai più in là del tuo stesso naso.
Come deve essere secondo te un piano di comunicazione vincente in questo periodo?
Trovo svilente in certi casi richiedere attraverso delle aggressive campagne social un sostegno, mi sembra quasi di domandare alla cliente una sorta di “carità”. Vorrei invece cercare un valore aggiunto. Se fosse per me valorizzerei al massimo quei famosi “due passi in centro” che ti dicevo prima con operazioni in “concerto”.
Non siamo né grandi gruppi, nè grandi catene, siamo commercianti storici del centro di Brescia e dovremmo fare sistema, ma si fa fatica. Desidero il costituirsi di un “portavoce” che potesse rappresentarci in maniera istituzionale e che possa occuparsi seriamente di tutte le attività di marketing e del destino di noi commercianti. Esiste un po’ di campanilismo che dovrebbe essere abbattuto. Non siamo ancora in grado di guardare avanti con un occhio critico per portare dentro di noi il concetto di lobby americana, ovvero la presenza di un grande manager che possa al meglio rappresentarci per diffondere nelle varie sedi i valori e le necessità di noi commercianti. In Italia molto spesso ognuno pensa al proprio orticello con piccoli mezzi propri invece di fare sistema. Io ho scelto Brescia perchè è questa la mia città natale e con un pizzico di ironia, quando è nato Via Fratelli Lombardi 1, mi sono detta “se funziona a Brescia funziona dappertutto” in quanto il nostro territorio rappresenta un’area test molto dura. Mi ritengo visionaria nei confronti dell’Europa, mi piacerebbe un giorno esportare il nostro prodotto ovunque.
Per ora mi limito a infondere qui il nostro prodotto e il nostro sentiment.
Cosa recrimini invece all’approccio digitale della vendita?
Sicuramente ha aperto le porte a quello che amo definire “mercanteggio”. Ormai siamo tutti figli di un approccio digitale, e quello che trovo a Brescia lo trovo anche a Roma in un click, quello che fa la differenza dunque rimane il miglior prezzo.
Questa è la politica che la digitalizzazione purtroppo ci ha riservato. Io vorrei invece condurre la moda a un approccio più elitario, esclusivo, in cui il prodotto diviene una nicchia e appartiene unicamente a determinati store in grado di rispettare il valore del prodotto e del suo prezzo. Noi ci troviamo fuori dal coro, non facciamo saldi, non facciamo black friday, proteggiamo questa politica non per essere arroganti o presuntuosi ma per preservare il valore del prodotto e donargli un approccio meritocratico.
In questo senso punto tutto sulla fidelizzazione del cliente destinando a lui e solo a lui certe opportunità.
Quando ti dicono “teniamo duo” cosa rispondi?
É facile dirlo meno facile a smaltirlo soprattutto se hai un’attività aperta da un anno e mezzo e sopravvivi con la serranda abbassata da sei mesi. É scoraggiante e sono molto amareggiata. Le spese e i debiti si accumulano, le istituzioni hanno altre priorità; leggevo proprio ieri sul giornale che la priorità a Brescia si focalizzava sull’apertura della ZTL per favorire i vari delivery nel centro città, per carità, una bellissima iniziativa, tutto utile, ma non penso che queste rappresentino decisioni tali da soprassedere a interminabili consigli per la loro attuazione.
Qualsiasi imprenditore concreto abbraccerebbe moltissime altre iniziative, oltre che portare sul tavolo l’apertura o meno della ZTL. In questo momento è necessario essere concreti ed erogare ciò che realmente serve: soldi. La politica deve capire che servono soldi concreti. La gente non vive di aria oggi più che mai è necessario tenere i piedi per terra e dimostrare la vicinanza, sicuramente non dicendomi “tieni duro”. Il problema oggi non è avere o non avere il credito d’imposta il problema oggi è avere i soldi per pagare l’affitto. Non mi serve il rimborso sulla tari dal momento che l’ho già pagata, quando penso a queste cose mi piacerebbe chiudere il negozio e davvero spostarmi in un altro paese e… chi si è visto si è visto.
Ma al contempo io amo Brescia e non posso rinunciare a tutto questo. Non voglio mollare e andarmene, io voglio rimanere qui, voglio credere in questa città e lottare per lei. Non è solo una questione di business ma è anche una questione morale, non cerco l’elemosina ma desidero essere sostenuta in questo momento di emergenza, senza dover ritrovarmi respinta e cassata dalla burocrazia.
É una trincea e mi rendo conto che la mia è la prima generazione sul mercato del lavoro che deve fare i conti con delle rinunce davvero importanti. Le start up oggi sono tutte nelle mia stessa situazione e devi sacrificare tutti i tuoi risparmi per sopravvivere.
Il consiglio che oggi mi sento di dover dare a chi si ritrova nella mia posizione ma anche ai giovani come me è quella di ritrovarsi nell’umiltà, in un profilo più basso perchè oggi il sacrificio è ciò che ci salverà.
Non posso peraltro negare di essere attratta dall’economia di altri paesi, ritratti da una redditività diversa, mi dispiacerebbe andarmene dall’Italia ma non posso persistere in questa situazione. Se il mio negozio oggi non fosse a Brescia ma in Germania avrei ricevuto senz’altro un grande sostegno dal punto di vista governativo, vivrei una vita serena, sicuramente non mi arricchirei ma dormirei sonni tranquilli.
Per concludere, cosa servirebbe ora per salvare delle “saracinesche” bresciane come la tua?
Soldi. Ma non la carità.