“Io ho avuto una grande fortuna, vivere in casa una dualità tra il passato e il divenire… mio padre dipingeva in modo molto tradizionale, si occupava di arte antica e mi ha dato la possibilità di lavorare nel suo studio come restauratore fin da ragazzo, dai quattordici anni in poi, e lì ho imparato il passato. Mia madre decise di iscrivermi ad una scuola di pubblicità che era rivolta verso il divenire, quindi il futuro. Mio padre il passato e mia madre il futuro: messi insieme viene fuori la dualità dell’equilibrio tra i due. Io.”
Michelangelo Pistoletto
La Pace Preventiva
Milano, Palazzo Reale
23 marzo – 4 giugno 2023

Un titolo davvero evocativo, cosa significa parlare di “Pace Preventiva”?
Io parto sempre dal simbolo trinamico formato dal segno matematico dell’infinito, una linea che incrocia se stessa e funziona molto bene e lo fa esattamente come i miei quadri specchianti. Il punto di incrocio è il presente, ovvero l’immagine che noi vediamo nello specchio in questo momento, in quel momento lì è infinito perché prima non c’era e poi non c’è più, quindi non è mai finito; non è consistenza, non è unicità, non c’è un elemento unico, fisso e assoluto. Non c’è sempre e soltanto una combinazione e, quindi, potremmo affermare che è un simbolo assoluto nel senso che non è assoluto per niente, è la contrapposizione dell’assoluto! Abbiamo sempre due elementi che stanno nei due cerchi creati dividendo il punto dell’infinito e, di conseguenza, generando uno spazio in cui i due elementi si combinano sempre al centro e cioè il terzo cerchio, senza il terzo cerchio l’universo non esisterebbe. Ci sarebbe uno zero da dividere, che io ho diviso: il momento in cui tutto può esistere, ma potrebbe per contro non esistere mai. Nello specchio, nel quadro specchiante, quello che vediamo è infinito nel senso che è continuamente rinnovato e non finisce mai; è sempre qualcosa che succede perché c’è una combinazione e tutto ciò che vediamo è un combinarsi continuo. C’è soltanto la relazione, non la relatività di Einstein che è puntualizzata, ma una relatività generale ed è questa combinazione continua che rende possibili le cose, ovvero due elementi che si uniscono per crearne un terzo che prima non esisteva. Parlo della “creazione” ed essere giunti a trovare la formula della creazione mi sembra un bel successo per noi esseri umani… e sono io che l’ho trovata! Ride.
Parliamo di arte, ma anche di pace. Un anno iniziato il 1° gennaio con la Giornata Mondiale della Pace in cui Papa Francesco ha detto “nessuno si salverà da solo” e quindi “Tu ed io, siamo noi”, 1+1 = 3 proprio come sostiene la sua formula. Ma come far sentire la nostra voce?
Si tratta di organizzazione. Io ho cominciato con la Città dell’Arte a Biella, l’Università delle idee, un’attività che coinvolge tutti i vari ambiti della struttura sociale attraverso uffici; abbiamo creato l’ufficio economia, l’ufficio politica, religione, architettura… e l’arte che cosa fa? Si inserisce fra due uffici, tra tutti gli uffici, e mette ogni cosa in comunicazione per portare una trasformazione, un’assunzione di responsabilità e di libertà, mettendo l’estetica cioè la forma e l’etica insieme. Ed ecco tornare alla dualità del simbolo che rientra nel segno trinamico: si compone continuamente del cerchio centrale e produce qualche cosa che non esisteva, dunque la creazione. Noi dobbiamo mettere in atto la creazione, ma dobbiamo farlo con metodo e attraverso la Città dell’Arte sviluppiamo proprio questi metodi, li portiamo nella scuola. È fondamentale cominciare da bambini per comporre una società che cresca non solo parlando delle cose, ma anche mettendole in pratica, sperimentando. È diventata Città Creativa UNESCO, un importante riconoscimento che ha interessato tutte le realtà che ne fanno parte, le cittadine del biellese, che sarebbero la Provincia e insieme abbiamo creato la Città Arcipelago, Biella Città Arcipelago. Ma cos’è l’arcipelago? Arcipelago è l’insieme di tante isole dentro un mare circoscritto dove al posto del mare adesso abbiamo la natura, la campagna, i corsi d’acqua, le foreste, tutto ciò che rientra nella natura che si ingloba con le costruzioni artificiali che sono le case, le città e i paesi, le scuole, e via dicendo. Si tratta di settantaquattro Comuni che sono diventati una città unica che stiamo reinventando, anche dal punto di vista socio politico.
Come può ciascuno di noi lavorare a favore della pace?
La formula è quella della dualità, bisogna essere minimo in due. Vede, se guardiamo ad esempio il funzionamento della politica, vedremo una dualità incessante. Abbiamo avuto il Capitalismo e il Comunismo, ma questa dualità, invece di creare un equilibrio, ha portato ad una tensione mostruosa perché c’è un difetto da entrambe le parti: niente può esistere senza il confronto. Oggi attraverso la nostra scuola portiamo ad un confronto duale che sfoci in una soluzione virtuale, pacifica, non più conflittuale e questa è la “Pace Preventiva”. Diventa quindi fondamentale lavorare in maniera pratica partendo dalla scuola, non soltanto insegnando ai ragazzi a non attraversare la strada fuori dalle strisce pedonali, ma facendo comprendere loro come nasce l’idea di creare le strisce. La consapevolezza deve nascere all’origine.
L’arte nasce da un’idea. In questo suo lungo percorso creativo, quali sono le idee essenziali?
Le idee essenziali sono molteplici, non potrei parlare di qualcuna in particolare, però ho capito che esiste il funzionamento delle idee, un aspetto che magari la gente ignora, ma pensa che si debba tenere delle regole, dei concetti prefissati e che tutto sia omologato. L’artista invece supera l’omologazione e per fare questo deve far scattare qualche cosa di primordiale, che abbiamo tutti. Detto ciò ritengo che anche l’omologazione serva perché dobbiamo creare delle leggi, ma per farlo bisogna avere delle idee: le idee non devono mai mancare! Sorride. Chi ha avuto l’idea di fare le strisce pedonali? Esistevano delle necessità a cui attenersi. Possiamo avere delle idee rivoluzionarie, di grande cambiamento, però manteniamo fermo il fatto che quando attraversiamo la strada stiamo sulle strisce pedonali. Si tratta di discorsi complessi, mi rendo conto, ma quando insegnavo a Vienna, ho cominciato nel 1991, dicevo ai miei alunni: “voi volete diventare artisti, guardate che i luoghi dove sarete accolti saranno pochissimi. Sono i musei, le grandi collezioni e i libri d’arte. Qui siete già in centinaia e lo stesso nelle altre Accademie del mondo. Io non voglio che da qui escano artisti falliti, è difficile che ci sia lavoro tutti sempre, quindi ricordatevi di una cosa… la società ha bisogno di voi, ha bisogno di tutti voi, ma l’arte non basta, dovete sviluppare la capacità di avere idee su tutti gli argomenti della vita che affronterete”. Questa è la Città dell’Arte che è nata contemporaneamente con questa mia scuola di Vienna, dove ho portato i miei allievi a Biella in questa ex fabbrica enorme, grandissima, che poteva ospitare qualsiasi incontro e dimensione di sviluppo. Da qui è nata l’idea della Città dell’Arte, ho portato a Biella l’Università delle Idee.
All’origine del suo percorso creativo c’è il laboratorio di restauro di suo papà e poi la Scuola di Pubblicità di Armando Testa. Come è stato influenzato da queste due differenti esperienze?
Una è l’esperienza della conservazione della memoria, mentre l’altra è quella dell’azzardo… devo definirlo proprio così nonostante io ami l’espressione “il caso”, ma qui “l’azzardo” funziona meglio perché significa provare qualcosa che non c’era, tentare, e infatti la pubblicità tenta di far qualcosa che suscita emozione, interesse, pensieri. La pubblicità certamente ha avuto bisogno dell’arte per svilupparsi e infatti ricordo che Armando Testa per prima cosa ci disse: “dovete imparare l’arte moderna, perché nell’arte moderna c’è questa autonomia di espressione di cui la pubblicità si deve impadronire”. Lui aveva come sogno quello di diventare un artista, per me è stato un grande artista della pubblicità, ma quando mi faceva vedere i quadri che dipingeva io gli dicevo: “i tuoi quadri sono vecchi, stai riprendendo una consuetudine dell’arte. Ci hai insegnato a buttarci oltre e poi torni indietro a voler fare la pittura”. Io trovavo decisamente più interessante la sua pubblicità rispetto a qualsiasi pittura avesse fatto.
Il Terzo Paradiso è il vertice di questo suo percorso artistico?
Direi che il Terzo Paradiso è un’applicazione, un’App della formula della creazione. È venuta prima l’applicazione e poi la forma, il Terzo Paradiso si applica alla storia dell’Umanità; la natura all’inizio, Primo Paradiso, l’artificio il Secondo Paradiso e l’artificio che ormai degrada la natura… Detto ciò è importante trovare un equilibrio fra i tre e riportare l’armonia tra natura e artificio. La “Mela Reintegrata” è proprio l’artificio, è stato ben rappresentato dal morso di questa mela, non crede? La natura aveva integrato l’essere umano, l’aveva sviluppato nel suo animo, però poi l’essere umano si era staccato quando aveva iniziato a capire che esisteva una via possibile per conoscere l’Universo, una virtuale e una reale. Abbiamo la possibilità di capire veramente come funziona l’Universo, ma l’abbiamo scoperto attraverso l’immagine, perché i quadri specchianti sono immagini, non le cose, sono immagini delle cose che possono essere combinate nei mille modi usati dall’arte. L’arte ha sempre continuato a combinare tutto quello che noi chiamiamo vita comune, società, ma una società artificiale perché quella naturale già esisteva e andava avanti per conto proprio. Noi abbiamo ideato una condizione parallela che è artificiale, dove la parola “artificio” ha come radice la parola “arte”; senza l’arte non esisterebbe il mondo artificiale, non esisterebbero i computer, le cose e tutto quel processo che è passato dalla religione alle politiche, alle culture e alle scienze… È tutto un insieme di fenomeni puramente umani. Ecco perché io ho capito ben presto che l’arte mi consegnava una responsabilità totale, l’arte moderna mi chiedeva di fare il mio segno, di esprimere qualcosa che non è di nessuno, ma che solo noi possiamo creare come artisti. Questa è una unicità totale, l’unicità l’ho scoperta lì e non mi sono più accontentato di fare quello che stavo facendo, ma ho sempre cercato di portare nuove idee nel mondo. Non tutti naturalmente hanno aperto nuove strade, però io ho sempre sentito il bisogno di essere differente, di andare più in là del momento e questo è un equilibrio indispensabile… quando si parla di equilibrio, quando si fa riferimento ad un rapporto equilibrato tra due elementi si parla di un equilibrio instabile, dinamico, un equilibrio rappresentato dal fatto che quando noi camminiamo spostiamo continuamente il nostro equilibrio, non è fisso, è un cammino. Io credo che la società rappresenti un cammino in un equilibrio sempre dinamico.