“Nadia, poliedrico talento”

Galeotto fu il filetto alla Mirko del Mildas e poi ancora l’olimpo dorato delle cucine di Bulgari  saziate sapientemente dalle visioni di Elio Sironi.  Galeotta fu la prima volta che intervistai una  Nadia Ghidinelli appena ventenne, allora una fra le chef più promettenti d’Italia protagonista indiscussa  del successo della Lepre a Desenzano del Garda. Rimasi sempre legata a quello stile unico, a quello stato di grazia che da sempre l’ha caratterizzata. Nadia è proprio così, un cocktail di entusiasmo,  di eleganza, di raffinatezza quella donna talmente  poliedrica da riuscire a brillare in ogni ambito  della sua vita ma soprattutto nel suo Nineteen, il ristorante più amato della città.

Nadia Ghidinelli fotografata da Giordano Benacci

Che tipo di infanzia hai vissuto e come ti sei avvicinata al mondo della cucina?

La mia infanzia è stata estremamente felice, seppur condita dai toni severi dei miei genitori desiderosi di potermi donare un’educazione esemplare. Sono cresciuta in un piccolo paese di montagna, Provaglio Valsabbia, una nicchia autentica che ancora oggi amo chiamare casa. La cucina non è stato il mio primo amore ma sicuramente ha rappresentato quel trampolino indispensabile per poter iniziare a viaggiare, per sentirmi libera e per poter costruire la mia vita di donna indipendente.Frequentai la scuola alberghiera di Idro, un istituto molto rinomato e contemporaneamente iniziai a partecipare a stage stagionali nei ristoranti della zona.A sedici anni infatti iniziarono le mie prime esperienze stagionali fuori porta. Prima a Pinzolo, nella cucina di Mildas che ancora oggi rappresenta la mia seconda Famiglia, poi sul lago di Garda.Ricordo perfettamente quel periodo, diventai chef del Bagatta alla Lepre e vi rimasi per più di sei anni. È stato incredibile imparare da Piero, l’allora proprietario del ristorante più frequentato del Garda. Durante quel periodo compresi il vero significato che si cela dietro la gestione di un ristorante e l’abilità nel saperlo riempire. Piero è sempre stato un modello, la grande mente di quella macchina geniale, profondamente ispirante e ancora oggi con Nineteen, attingo ai suoi esemplari insegnamenti per renderlo la “casa” apprezzata da tutti.Sempre in quel periodo, durante una competizione tra chef a cui assistetti, conobbi Elio Sironi, l’allora Patron della cucina di Bulgari a Milano. Osservai uno show incredibile e decisi che la brigata di Sironi poteva rappresentare il mio prossimo obiettivo. Lo incontrai, fu amore a prima vista e mi ritrovai al suo fianco nelle cucine di Bulgari. 

Hai avuto un mentore o una persona che ha saputo rivelarsi fondamentale nella tua vita?

Elio Sironi e Mirko Pizzini del Mildas sono stati indiscutibilmente i miei maestri di vita. Mirko mi ha insegnato la delicatezza, il grande rispetto per le persone e la materia prima. Il grande saggio, dotato di una finezza unica. Mirko è stato in assoluto il mio “papà in cucina”. Con lui ho imparato a cucinare maturando una consapevolezza interiore molto distante da tecniche di cottura e basse temperature, con Mirko ho conosciuto la vera arte e l’amore per questo mestiere. Mi commuovo ancora oggi rivivendo con te quel periodo così speciale. Ci sono anche un po’ di Mirko e Franca, sua moglie, oggi nelle cucine e nella sala di Nineteen, sono esperienze talmente ricche e cariche di entusiasmo da riuscire inconsapevolmente a migliorare e correggere il tuo essere, i tuoi valori, la tua cultura trasformandola in magia. Non smetterò mai di ringraziarli perchè oggi sono Nadia anche grazie a loro.Poi Elio Sironi, carismatico, imprevedibile, rivoluzionava il suo istinto giorno dopo giorno, un vulcano geniale, un visionario incredibile.La mia parte coraggiosa, esplosiva, spudorata ed infinitamente bella l’ho ereditata proprio da lui.

Ti sei messa in discussione in un’età particolare…

Non ho mai sofferto la durezza di questo lavoro anzi l’ho sempre vissuto con grande passione e serenità. É una vita diversa quella del ristoratore, sì è vero, ma non mi è mai mancato niente nella vita, nemmeno quel divertimento e quell’entusiasmo tipico della giovane età. Alimentavo la mia passione visitando ristoranti, alberghi e città, assaporando l’esclusività dei giorni infrasettimanali. 

Il passaggio da Bulgari a Milano a Brescia con Nineteen come è avvenuto?

Da Bulgari incontrai Massimo, quel promettente chef romano che mi fece innamorare all’istante. Poco dopo mi proposero l’olimpo: diventare chef di Bulgari a Bali. Offerta che accettai senza esitazione firmando sei pagine di contratto.Al contempo mi offrirono la gestione di un nuovo ma piccolo ristorante a Brescia, che aveva bisogno di una nuova identità. La scelta.Il sogno, l’ambizione, la consapevolezza di poter diventare davvero protagonista si scontrò con l’amore.Stracciai il contratto per Bali, scelsi Massimo, scelsi Nineteen, scelsi Brescia.

Pensi mai a uno sliding doors? Se avessi scelto Bali ora dove saresti?

Probabilmente gestirei cucine di grandi ristoranti in giro per il mondo. 

©Roberto Cavalli

Nineteen se prima è stata una scommessa poi si è tradotto nella tua scalata…

Nineteen è quel meraviglioso percorso che dura ormai da 15 anni. Nineteen ha permesso di realizzare i miei sogni e di potermi affermare come donna imprenditrice.Questa è la ristorazione che ho sempre desiderato, quel pezzo di cuore che condivido con Massimo e Damiano con profondo entusiasmo e con la consapevolezza di gestire un’azienda con la A maiuscola. 

Hai deciso di consacrare il tuo ruolo alla sala e non più alla cucina. Parlaci del perchè di questa scelta.

Il 7 dicembre 2007 fu il mio ultimo giorno con la giacca da chef. Ricordo perfettamente quella sera trascorsa insieme a Massimo in questa cucina a preparare la linea per l’apertura di Nineteen. Fu davvero eccitante. Spostarmi alla direzione della sala è stata una scelta consapevole e coraggiosa, una decisione a cui, a distanza di sedici anni, strizzo l’occhio ogni giorno. Non potrei essere più soddisfatta, sai dalla vita sono riuscita in un certo senso ad avere tutto, la soddisfazione in cucina, la gioia che ti regala la sala senza dimenticare l’apprezzamento, il rispetto e la stima di tutti gli ospiti che ogni giorno assaggiano quella che è la mia essenza. Cosa desiderare di più dalla vita?

Cosa pensi che apprezzi la tua clientela più di ogni cosa?

La mia determinazione: agire con gentilezza ma con fermezza e grande tatto.L’eleganza, l’accoglienza e la cura del dettaglio.  La ricerca dell’eccellenza senza compromessi. La capacità di far sentire tutti indistintamente a proprio agio.

Cosa rappresenta per te Nineteen?

É la nostra grande famiglia. Uno scrigno di qualità, costanza, determinazione, coerenza.L’aver creato un’azienda sana, solida, ricca di valori ma soprattutto di valore umano mi consente di aprire tutti i giorni quella porta ed essere orgogliosa di me stessa, dei miei traguardi. 

Damiano Crescenti, Nadia Ghidinelli e Massimo Nobili. ©Diana Bovoloni

Qual è oggi la tua vision di ristorazione?

Nineteen è una macchina di idee non solo un ristorante. L’APP che abbiamo creato, il mondo delivery, le cene private a casa, la fetta pranzo e la fetta cena sono solo alcuni dei tanti argomenti che escono da queste porte. Versatilità, è questa la nostra parola d’ordine e amiamo distinguerci anche per questo. 

Dove trai la maggior ispirazione?

I viaggi, lo spirito d’osservazione inteso come ispirazione e come confronto mi permette di cogliere tante sfumature. Può essere un ingrediente, un allestimento, un fiore fresco, un profumo … viaggiando si incontrano tante sfumature che poi devi saper rendere tue.

Come vivi il tuo ruolo di donna imprenditrice nel tuo mondo, quello della ristorazione? 

Con grande serenità. Il fatto di essere donna non ha mai fermato le mie scelte imprenditoriali, anzi in moltissimi casi mi ha permesso di fare la differenza. 

Una grande soddisfazione?

Non te la posso dire (e ride…). La mia più grande soddisfazione rimane comunque quella di aver sempre fatto bene e di aver agito correttamente sia nella vita privata che professionale. E tutto torna nella vita. Sono soddisfatta dei risultati eccezionali che abbiamo ottenuto, sono soddisfatta del mio gruppo, sono soddisfatta di entrare da quella porta ogni mattina e respirare un’aria che mi fa stare bene. Soddisfatta di essere libera, di poter scegliere, di essere apprezzata dai nostri clienti. Sono soddisfatta di essere cresciuta in una famiglia sana che mi ha educato secondo valori importanti della vita.

Se invece ti parlo di “alleanza” cosa ti viene in mente?

Siamo forti proprio per l’alleanza, siamo una squadra e questo è fondamentale.

Come ti ricompensi per un traguardo raggiunto?

Non mi ricompenso in realtà, non è una componente a cui dò valore. Probabilmente più che una ricompensa materiale mi rende felice il riuscire a ritagliarmi un po’ di spazio, per un viaggio, o semplicemente per una cena con Massimo o degli amici. Il sapore della condivisione è un regalo immenso.

Oggi che donna sei Nadia?

Sono una donna che si nutre di semplicità.Libera di decidere. Felice e entusiasta.Consapevole e capace di apprezzare i veri valori della vita.

Qual è a tuo avviso l’impegno più faticoso della vita?

Lavorare tanto, l’essere sempre sotto pressione, l’essere sempre sul pezzo.É proprio per questo che, quando posso, fuggo, vado in montagna e respiro la mia aria, mi disintossico da questa frenesia. 

Se ti dico “Casa” quale luogo ti viene in mente?

Provaglio Valsabbia, la casa dei miei genitori, con le mie sorelle, i miei nipotini, l’orto e la purezza di quei luoghi.

Se dovessi dire “Grazie” a chi ti rivolgeresti?

Alla mia famiglia e a Massimo, la mia forza, la mia salvezza, ce lo diciamo di continuo,  mi sostiene, lavorare fianco a fianco non è per niente facile ma per noi è totalmente appagante. Ringrazio Damiano per far parte di questa squadra meravigliosa, ringrazio i miei ragazzi.

Obiettivi a medio o a lungo termine?

Oggi vorrei dedicare più tempo a me stessa e alla mia vita privata. Assaporare quella normalità che per voi può essere ordinario per me rappresenta un privilegio. Vorrei andare a fare la spesa, tornare a casa e cucinare.  Non ce ne rendiamo conto ma è la normalità che riempie la vita. 

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