Pillole di Galateo

“Conoscere le regole per divertirsi a infrangerle”

“Le buone maniere riflettono qualcosa della propria interiorità, un senso innato di considerazione per gli altri e di rispetto per se stessi”  Emily Post

Articolo di Paola Rivetta

Shubha Marta Rabolli

Intervista a Shubha Marta Rabolli

Di cosa si occupa l’Accademia Italiana Galateo?

L’Accademia Italiana di Buone Maniere, Galateo e Costume è il primo esempio in Italia di studio, ricerca e formazione sul cosiddetto “Saper Vivere”. Una realtà che nasce dall’esigenza di creare un luogo di studio e di incontro per l’approfondimento delle buone maniere, del Galateo e del Costume nei suoi aspetti letterari e pratici declinati anche alle scienze sociali, storiche e comportamentali. L’Accademia si afferma come voce indipendente e consapevole su quanto accade nella nostra società, dove il senso del “Saper Vivere” viene spesso ribaltato e scambiato per una disciplina sterile, snob e classista. Tutto ciò è molto distante dal vero “Saper Vivere” che si fonda piuttosto sul gusto personale, l’indipendenza e la creatività. Il motto dell’Accademia, infatti, è “Conosci le regole per divertirti a infrangerle”. 

Cos’è il galateo?

Spesso il termine galateo viene utilizzato come sinonimo per definire le buone maniere, il saper vivere, la buona educazione e il bon ton. Questi termini in realtà sono concettualmente molto diversi tra loro. Ma molti ancora non sanno la vera origine del termine Galateo che, come spiega Samuele Briatore, presidente e fondatore dell’Accademia Italiana Galateo, è un nome proprio e corrisponde alla forma latina del nome Galeazzo, Galatheus. Il titolo del famoso libro, Galateo overo de’ costumi, che fu scritto tra il 1553 e il 1555, era un omaggio al vescovo Florimonte.

Il galateo rende le persone “ingessate”?

Spesso mi viene detto che le buone maniere in un certo senso rendono le relazioni meno autentiche e più impostate, nell’idea che le regole del galateo siano una sorta di filtro che faccia venir meno l’essenza delle persone. Confesso che, io per prima, per alcuni anni, ho pensato che si trattasse in un certo senso di finzione. 

In Accademia invece, per la prima volta, quando Samuele Briatore equiparò le regole del galateo ad una serie di regole grammaticali, mi diede una chiave di lettura completamente diversa. Infatti, quando ci relazioniamo con persone che parlano una lingua diversa dalla nostra, il fatto di non conoscere le regole grammaticali e i termini di quella lingua ci impedisce di esprimerci nel modo corretto, creando delle difficoltà di reciproca comprensione. Conoscere quelle regole renderà pertanto la nostra comunicazione più fluida, comprensibile ed efficace. 

Le regole del galateo seguono la stessa identica logica rendendo molto più semplice e immediato l’adeguamento ad ogni tipo di contesto cui ci interfacciamo.

Vietato essere sinceri?

A tal proposito spesso c’è molta confusione. Oggi più che mai, complice l’utilizzo quotidiano dei social, si pensa che essere autentici voglia dire prendersi la licenza di esternare qualsiasi tipo di opinione personale “senza filtri”. Quante volte ci capita di sentir dire: “io sono vero perché dico sempre quello che penso”? Ebbene, il galateo non ci impedisce affatto di condividere le nostre opinioni personali, anzi, al contrario ci invita a farlo. La differenza sta nelle modalità. Essere autentici vuol dire avere le proprie idee e saperle esporre nel modo corretto, in modo rispettoso supportandole con la cultura. Ricordiamoci sempre che il fulcro delle buone maniere è il rispetto e l’accoglienza del prossimo.

Come imparare tutte quelle regole?

La vera eleganza non è quella artefatta, al contrario deve risultare del tutto naturale. Per far sì che le regole del galateo possano essere utilizzate con naturalezza è necessario comprenderne il vero significato; ogni regola ha sempre una ragione storica o logica, talvolta entrambe. Conoscere le buone maniere vuol dire apprendere la storia dei propri comportamenti, conoscere se stessi e dedicare maggiore attenzione alle altre persone. Applicando quotidianamente le buone maniere in tutti i contesti, da quello familiare a quello scolastico fino alle relazioni con gli amici, pian piano ci verrà del tutto naturale, farà parte di noi e quando ci troveremo ad affrontare una situazione “speciale” non avremo alcun problema.

“Conoscere le regole per divertirsi ad infrangerle”…

Un termine a me molto caro è senz’altro “consapevolezza”. C’è una grandissima differenza tra infrangere una regola senza saperlo oppure farlo consapevolmente, per innescare una reazione. Se vengo meno a una regola del galateo inconsapevolmente, perché non ne ero a conoscenza, difficilmente sarò in grado di affrontare e sopportare le reazioni. Se al contrario conosco la regola ma decido, per diverse ragioni, di non metterla in pratica, saprò esattamente che tipo di reazione andrò ad innescare e come fare per affrontarla. Il fatto di “divertirsi” non vuol essere una provocazione, ma un richiamo alla leggerezza calviniana.

Belle maniere e buone maniere, 

due concetti diversi?

Al giorno d’oggi si è molto concentrati sulle belle maniere, sul lato estetico delle maniere.  La maggior parte delle persone scrivono in Accademia per ricevere informazioni in merito all’arte della tavola, del ricevere e delle buone maniere. In realtà le buone maniere vanno a toccare una sfera molto più profonda del nostro essere. Nella nostra formazione cerchiamo di unire entrambi i concetti poiché dovrebbero essere coltivati allo stesso modo; l’uno non esclude l’altro. Quindi, ad esempio, abbiniamo lezioni molto tecniche sull’apparecchiatura di una tavola formale in maniera impeccabile, ma il punto di forza restano le buone maniere. Che senso avrebbe apparecchiare in modo perfetto una tavola, disponendo su di essa tutti gli oggetti con il massimo rigore, senza essere in grado di mettere a proprio agio gli ospiti, accoglierli, rendere piacevole e inclusiva la conversazione? Senza cortesia interiore, buona cultura, capacità d’ascolto, modestia e attenzione non possono esistere le buone maniere!

Ci sono termini espressamente vietati?

Per il galateo esistono alcune parole che non andrebbero dette, a prescindere dal contesto in cui ci troviamo. Utilizzo volutamente il condizionale perché ciò che mi sta a cuore è far comprendere perché queste parole non andrebbero dette, lasciando però la piena libertà di utilizzarle per preservare gli usi, le consuetudini e le tradizioni proprie di ogni singolo individuo o realtà familiare.

Ricercare il vero significato di una regola ci aiuta a comprenderla e interiorizzarla potendo poi, con consapevolezza, decidere come e quando utilizzarla.

Una domanda ricorrente, 

dire “buon appetito” oppure no?

Capita spesso in effetti che, una volta seduti a tavola, qualcuno cominci il pasto augurando un sonoro “buon appetito” ed è estremamente divertente osservare lo scambio di occhiate dubbiose tra i commensali. Perché non si dice buon appetito?

Le ragioni sono diverse. Storicamente, come spiega Samuele Briatore nel suo libro, questo modo di dire affonda le sue radici all’epoca di Carlo Magno ed era usato dai cuochi di corte per lasciar intendere agli ospiti quanto il Sacro romano Imperatore desiderasse che il cibo offerto venisse apprezzato. Secondo altre fonti storiche, questo augurio si sarebbe diffuso nel XVIII secolo, quando divenne usanza da parte dell’aristocratico, in particolari celebrazioni, offrire alla servitù dei lauti pasti. Nell’offerta c’era l’augurio di sfamarsi e di godersi il pasto. L’augurio assume in questo caso una connotazione quasi negativa come a dire: “sfamatevi oggi poiché non sapete quando ne avrete ancora occasione”.

Secondo alcuni storici poi, il divieto dell’utilizzo di questa espressione avvenne in concomitanza alla diffusione della forchetta, uno strumento che porta ad un progressivo allontanamento, fisico e concettuale, dell’attenzione dal cibo. L’atto conviviale non dovrebbe rappresentare un momento per sfamarsi, ma per stare bene insieme ai nostri ospiti, farli sentire a proprio agio, creare un’atmosfera accogliente e una conversazione piacevole che sia il più eterogenea e inclusiva possibile.

Nel libro di Samuele Briatore “Le regole delle buone maniere” si trovano spiegate in modo esaustivo tutte le ragioni per cui, allo stesso modo, non si dovrebbe dire “Piacere” quando si fanno nuove conoscenze, oppure il motivo per cui brindare facendo “cin cin” sia un’occasione di accoglienza sprecata. Non si dovrebbe dire “salute” quando qualcuno starnutisce. Perché il “salve” non rappresenti una formula di saluto corretta, ma dovremmo preferire il “buongiorno, buonasera” o eventualmente il “ciao” in base al grado conoscenza del nostro interlocutore.

Al di là di tutto ricordiamo sempre che la base del galateo risponde a tre criteri fondamentali: ascolto, benessere e accoglienza del prossimo.

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