“Quando scatta il verde ti spogli dai pensieri e ti pervade l’adrenalina”.

Classe 1984, esperto pilota e istruttore federale, Fabrizio Perotti ha saputo trasformare quella dirompente passione per le due ruote  in una professione a tutti gli effetti, spingendosi dall’Italia al resto dell’Europa, brillando di capacità, grande tecnica e concentrazione dentro e fuori da una pista.

Parlaci della tua infanzia, della tua vita e da dove è nata la passione per le moto …

Iniziai a soli 4 anni con il minicross, spronato e incoraggiato da mio padre che correva nel cross. I primi anni in realtà custodivano il sapore di una gita domenicale nei crossodromi senza partecipare a gare. A 14 anni partecipai alla mia prima competizione correndo nel campionato nazionale in sella a uno scooter vincendo all’esordio nel 1999 la mia prima gara a Vallelunga, un inizio che mi coinvolse tantissimo a livello emotivo. L’anno seguente vinsi il campionato e decisi di passare poi, nel 2001, alle ruote alte, con l’Aprilia 125 Sport Production. Partecipai all’europeo nel 2002, l’anno in cui vinse Simoncelli, passando poi ad altre categorie, la 600 e la 1000, divenuta sino ad oggi la mia categoria di riferimento.

Ci racconti a step la tua carriera?

Il 2002 rappresentò il mio anno di esordio nel Campionato Europeo. L’anno successivo fu però traumatico, ebbi un infortunio durante i test invernali a Valencia che mi costrinse ad abbandonare l’intera stagione.Iniziai a correre con la 600 nel 2005 passando poi nel 2007 alla 1000.I periodi più significativi della mia carriera furono il 2008, anno in cui disputai la Su- perstock 1000 FIM Cup, il 2010 con la vittoria del Campionato Europeo UEM , il 2011 quando mi classificai terzo nel Superstock 1000 CIV e il 2015 l’anno nell’italiano Superbike, un periodo ricco di soddisfazioni e vittorie. Detengo poi il record assoluto sul giro del circuito di Franciacorta e di Varano de Melegari. Non posso però non citare gli anni trascorsi in Spagna nel campionato spagnolo Superbike. In quella particolare circostanza, pur non conoscendo nessuna pista e scendendo dall’aereo il venerdì, conquistai podi e pole position. Gli ultimi tre-quattro anni corsi nella 1000 Superbike, un campionato di alto livello italiano. Mi classificai secondo nel 2019 ma mettendo a segno buoni podi e vittorie anche negli anni successivi. Il racing oggi, pur scorrendo sempre nel mio DNA, non rappresenta più una delle mie proprietà. É la mia scuola ad assorbire gran parte del mio tempo e delle mie energie. Stava diventando molto complicato gestire il ruolo di pilota con quello di istruttore e la preoccupazione di farmi male e rimanere fermo per molto tempo mi suggerì di rassegnare gli impegni sportivi. Quest’anno parteciperò unicamente a tre, quattro eventi singoli senza correre in un campionato intero, una scelta opportuna per non sentirmi troppo condizionato. 

Chi ti ha supportato durante la tua carriera?

Sicuramente mio padre che tutt’ora è al mio fianco soprattutto nei corsi di guida. É stato lui ad ispirarmi e a guidarmi in questo percorso. Non posso però non ringraziare tutti gli sponsor che nel corso degli anni mi hanno sostenuto e permesso di partecipare alle più importanti competizioni.

Come definiresti il tuo stile?

Il mio stile disegna tecnica, ricerca e pulizia. Mi sono sempre ispirato alla scuola spagnola, estremamente sviluppata nel motociclismo. Cerco di perfezionare al meglio la tecnica di guida, sono molto concentrato su determinati aspetti tecnici, uno su tutti la posizione di guida. Oltre ad insegnarli ai miei allievi cerco di metterli in pratica autonomamente ricercando sempre il massimo della pulizia. Credo molto nella guida moderna, una tecnica che interpreto e traduco nei miei insegnamenti.

Come riesci a dosare adrenalina e coraggio in pista?

C’è sempre una fase che con gli anni pensi di aver superato e invece puntualmente si ripresenta. Il semaforo rosso a pochi secondi dalla partenza ha sempre rappresentato l’emozione più grande. In quel momento respiri sicuramente tantissima ansia, quell’inquietudine che ti conduce a ripeterti: “ma chi me lo ha fatto fare?”. Basta un semaforo verde a cancellare quel senso di trepidazione per trasformare il resto della competizione in adrenalina pura.

Reciti qualche rito scaramantico prima di gareggiare?

Sì, in passato sì, ma ho sempre cercato di abolirli. Arrivai persino a contare i passi che mi separavano dalla moto. Oggi come oggi l’unica cosa insolita che faccio prima di ogni singolo ingresso in pista è lavarmi i denti, non chiedermi il motivo perchè non saprei spiegartelo.

Hai corso con campioni del calibro di Simoncelli, Pirro, Corsi e Canepa, che mondo è quello del motociclismo anche dal punto di vista umano?

Fare team rappresenta una predisposizione caratteriale. Conobbi, ad esempio, un Marco Simoncelli molto differente da quello che si poteva guardare in tv. Eravamo entrambi molto piccoli, gareggiavamo nel Campionato Europeo GP. Marco era estremamente timido e mentre noi italiani, la sera, dopo gli allenamenti, facevamo gruppo lui se ne stava sempre in albergo insieme al suo team manager.Quella timidezza poi con gli anni svanì ma il mio ricordo fu proprio quello di un ragazzo molto riservato.In generale l’ambiente motociclistico è senza dubbio molto competitivo, ogni pilota osserva e difende solo il suo “orticello”. Qualche anno fa cercai di costituire un gruppo di piloti con l’ambizione di poter raccogliere idee e suggerimenti, impresa che però fallì.Molti piloti osservano unicamente il loro personale vantaggio accantonando quell’aspetto umano e sportivo che invece andrebbe colmato per il vantaggio di tutta la “categoria”. In Spagna ho trovato un humus estremamente differente, un clima più unito, sempre competitivo ma sicuramente più amichevole. Oggi che frequento questo Paese molto più di un tempo posso affermare che questa particolare apertura si scorge anche in altri ambiti come in quello della musica uno dei miei hobby principali.Sono anni che oltre alle corse faccio anche il DJ e in Spagna le collaborazioni sono molto più che ordinarie. La loro mentalità è diversa, sono più disponibili e collaborativi verso il prossimo. Ho però la fortuna di avere sempre accanto a me dei grandi amici, i piloti della vecchia guardia bresciana come Gigi Scalvini, Franco Battaini, Cristiano Migliorati, Lorenzo Zanetti e Marco Borciani. Spesso ci troviamo alla Mini Area 43, la pista che ho in gestione qui a Brescia, e ci sfidiamo in piccole “battaglie” con le pit bike, sfide epiche che ci terranno sempre uniti.

Chi è stato il tuo grande idolo o il tuo mentore?

Negli ultimi anni ho apprezzato Casey Stoner, Marc Márquez e Valentino, un grandissimo pilota ma anche una sorta di rock star, l’unico ad aver avvicinato il motociclismo ad un pubblico sempre più vasto.Innegabile la mia ammirazione per il pilota turco Toprak Razgatlıoğlu per aver portato tante novità dal punto di vista tecnico.

Il tuo “Evolution Style”, il metodo di insegnamento dello stile di guida moderno in che cosa consiste?

“Evolution Style” è il corso che tengo incentrato sulla posizione di guida.Attraverso queste lezioni correggo e aggiorno la posizione di guida negli allievi. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad un’evoluzione importante nello stile di guida. Se un tempo a dominare la tecnica era uno stile con busto centrale oggi osserviamo uno stile più estremo caratterizzato molto spesso da gomiti che toccano terra e movimenti del busto. Con “Evolution Style” lavoriamo moltissimo con il corpo cercando di piegare meno la moto per avere un angolo di piega minore senza rischiare che si chiuda l’avantreno. L’essenza del corso è rischiare di meno e andare più forte. 

Ci parli di Perot Camp 43?

É la divisione della mia scuola supportata da Kawasaki Italia e da Pirelli con la quale effettuiamo corsi pista e corsi strada con le Ninja Kawasaki 1000 e 600. Corsi dedicati a tutti, dai neofiti ai piloti esperti.A Castelletto di Branduzzo poi si svolge il “Mep”, un corso innovativo perchè associa agli allenamenti con pit bike (a bassa velocità, fondamentale per affinare la tecnica e le dinamiche di guida) quelli in pista. A livello nazionale non esiste altro corso che comprende entrambe le discipline e questa rappresenta un’innovazione importante. Per quanto riguarda invece solo la pista svolgiamo i corsi a Cremona sia per neofiti che amatori veloci mentre a Misano e al Mugello i corsi sono dedicati solo a chi ha già un po’ di esperienza e desidera migliorarsi. Io e Marco Borciani, istruttori FMI, sovrintendiamo i corsi ma stiamo valutando di inserire stabilmente un terzo istruttore vista la richiesta sempre più grande.

Quali sono i tuoi obiettivi a medio e lungo termine?

Desidero concentrarmi al meglio sulla scuola e ampliarla sempre di più anche al di fuori dai nostri confini. Proprio in questi giorni, ad esempio, mi trovo a Valencia dove sto tenendo un corso, poi sarà la volta dell’Andalusia, un traguardo professionale che mi rende veramente orgoglioso. Far crescere e migliorare questa scuola è il mio obiettivo, lavorando anche sui tour didattici stradali, vorrei ampliarmi proprio in quella direzione coinvolgendo altri istruttori. 

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