“Dopo anni che fai lo stesso mestiere con dedizione realizzi che solo quando sei andato un pò più in profondità nella comprensione di qualcosa riesci a trovare il piacere, l’amore. Nell’applicare una coscienza più profonda a ciò che stai facendo, ne acquisisci la conoscenza con maggiore consapevolezza”.
Scrive Paola Rivetta, immagini di Roberto Cavalli


Intervista a Riccardo Camanini
Cosa raccontare dei fratelli Camanini?
Il legame fraterno tra me e Giancarlo è certamente una cosa alla quale entrambi teniamo molto ed è sempre stato così. Abbiamo un anno differenza, quindi abbiamo avuto la fortuna di tirarci le bretelle sin da quando eravamo piccolini, siamo sempre stati molto legati, abbiamo condiviso tanto. Questo ha rappresentato un grandissimo vantaggio e ci ha permesso di vivere qualcosa di unico sia dal punto di vista umano, perché la vicinanza tra due fratelli è una delle cose più belle da vedere, sia dal punto di vista imprenditoriale. Ci siamo messi in gioco per fare qualcosa insieme senza alcuna opportunità imprenditoriale tracciata, non avevamo degli obiettivi prestabiliti, ma soltanto il desiderio e la volontà di creare una realtà che rappresentasse una seria prospettiva lavorativa condivisa.
Tre aggettivi che ti rappresentano…
Innanzitutto direi “curioso” perché non posso vivere senza curiosità, sono curioso di natura, è la spinta del mio quotidiano e penso la ragione della vita, la parte più sognatrice, quella che ti muove e fa scaturire l’azione. La mia curiosità in generale riguarda moltissimi aspetti della vita, è il senso del “mi piacerebbe fare”.
Altri aggettivi che mi appartengono sono “tenace” e “perseverante”, ciò non significa che mi alzo la mattina con un obiettivo da raggiungere, questo non l’ho mai vissuto perché ho la fortuna di amare molto il percorso del quotidiano, quello che vivo giornalmente. Questo, nel bene o nel male, non ti fa guardare alla meta o al raggiungimento dell’obiettivo in sé e, a mio avviso, è una fortuna perché diversamente mi perderei il bello del mio mestiere, vedere realizzato ogni giorno il mio prodotto e provare un piacere già nell’immediato.
Qual è il tuo background, cos’è stato significativo nella tua formazione?
Il mestiere del cuoco, come gli altri, può avere delle forme più alte in termini di professionalità che generalmente si riscontrano in quei ristoranti dove i cuochi hanno avuto un percorso classico accademico.
Cosa significa?
Che si basano e si ancorano a dogmi gastronomici che sono stati tracciati in epoche estremamente fiorenti e che tuttora utilizziamo noi cuochi. Ritengo di aver avuto la fortuna di ricevere una formazione classica; prima con Gualtiero Marchesi e poi da Alain Ducasse, considerati due maestri del novecento della gastronomia, due uomini che hanno segnato alcune tappe della gastronomia del novecento. Avendo lavorato per questi due Chef da ragazzino, molto giovane, la mia formazione è assolutamente da considerare classica accademica.
Che legame hai con Brescia?
È stato un legame molto bello e facile perché abito sul lago di Garda dal 1998, quindi sono quasi 24 anni, ma io sono bergamasco di Sovere che è a cinque minuti dal confine bresciano. Ho frequentato le scuole in provincia di Brescia e trascorso gran parte della mia giovinezza sul confine tra Bergamo e Brescia.
Personalmente non ho mai sentito una distanza culturale tra le due province e nemmeno una distanza sociale. Sorride. Non ho vissuto neanche la distanza calcistica perché non seguo il calcio!
Vivo le città di Brescia e Bergamo come mia terra di origine perché oggettivamente è così, anche da un punto di vista lavorativo; sono arrivato nel bresciano, sul lago di Garda, come mio primo luogo vicino a casa, visto che paradossalmente sono sempre stato piuttosto in giro.
Oltre ad apprezzarne chiaramente il bello, perché è un lago unico e possiamo vederlo in queste giornate, soprattutto d’inverno, nei periodi di calma, la limpidezza dei luoghi e dei colori invernali sono di una bellezza unica, come non rimanerne affascinati?
Sto molto bene sul lago di Garda, è un luogo ricco di cultura gastronomica estremamente profonda e questo mi affascina anche dal punto di vista della società. Gli aspetti culturali e sociali legati a queste terre sono davvero numerosi e chiaramente ricadono anche sulla cultura gastronomica.
Qual è secondo te la principale forma di successo?
Direi certamente l’appagamento di noi stessi in modo molto semplice; ciò che percepiamo dal coinvolgimento che abbiamo nell’arco della giornata nelle nostre attività. Per quanto mi riguarda forse lo sento ancora più vero perché per me il lavoro è stato prima di tutto passione: fare ogni giorno attività che ti piacciono, ti fanno sentire sereno e ti creano maggiori curiosità.
Ritengo che il successo sia ancorato al piacere di fare ogni giorno qualcosa che ami e ti rende felice, anche dopo anni, se è così puoi considerarti una persona di successo. Il resto poi viene da sé…
Non dimentichiamoci mai che siamo giudicati da altri esseri umani e quindi si tratta sempre di un punto di vista soggettivo: ciò che oggi la società determina come forma di successo è molto spesso l’idealizzazione di un pensiero comune che si orienta più in una direzione piuttosto che un’altra, cambia col passare del tempo e spesso delle mode.
Che cosa ti spaventa maggiormente?
La malattia e la vecchiaia come tutti gli esseri umani non mi piace, mi spaventa molto, ho paura più di tutti quegli aspetti molto umani.
Vivo di paure molto banali, come il buio.
Qual è l’ingrediente immancabile della tua vita, privata e lavorativa?
L’olio extra vergine di oliva del Lago di Garda e la pasta. Sicuramente a casa mia sono questi gli ingredienti che non potrebbero mai mancare perché mettono sempre d’accordo tutti!
Per me uno dei piaceri più grandi é vedere qualcuno a tavola, ma questo è normale, penso che sia uno dei momenti di convivialità più comuni che ognuno di noi ha perché l’essere umano è un essere sociale.
Così, avendo la possibilità di rendere molto piacevole qualcosa creando profumi, piatti speciali e golosi… immaginati se non posso pensare che dell’olio extra vergine di oliva e della pasta mi possano far passare due ore belle con qualcuno…
Cosa pensi dei giovani d’oggi e quale consiglio daresti loro?
Penso che non sia cambiata molto l’attitudine dell’essere umano alla vita; nel bene o nel male si creano dei modi di fare, di vestire e di approcciarsi, ma penso che l’essere umano sia semplicemente un animale che ha evoluto il cervello in modo diverso rispetto agli altri animali. Non mi sento di dare dei consigli perché non credo assolutamente di poter dispensare parole utili a tutti, forse è solo quello che ho vissuto nella mia vita che può essere raccontato. Ritengo che sia ancora fortemente necessario applicarsi con tenacia, curiosità e perseveranza alla vita, orientarsi più verso l’alto nel lavoro, nelle amicizie, con la famiglia e i figli. É necessario scendere in profondità delle cose con coscienza per capire che proprio attraverso il lavoro, attraverso un’attività quotidiana che si può esprimere in qualsiasi forma, si può trovare il vero piacere. Questo è il mio consiglio ai ragazzi giovani perché tutto ciò che vediamo oggi è fortemente catapultato in una dimensione spesso poco tangibile e questo fa un po’ paura perché potrebbe essere completamente privo di significato.
Intervista a Giancarlo Camanini
Cosa raccontare dei fratelli Camanini?
Molto spesso a forza di ripetere una cosa o un pensiero, di tenerlo costantemente nella propria mente, permette di farlo diventare realtà per varie circostanze, anche fortuite, perché la vita ogni tanto ti regala anche delle opportunità!
Mi ricordo che io e Riccardo, fin da quando eravamo bambini, ci siamo sempre detti che un giorno avremmo fatto qualcosa insieme, che avremmo lavorato insieme.
Questa cosa che ci siamo detti con l’innocenza di un bambino, con l’entusiasmo immaturo dell’adolescenza e quindi in tutte le varie sfaccettature della nostra crescita, ci ha sempre un po’ accompagnato.
Per questo motivo credo che il dirsi le cose ogni tanto, anche quando non hanno un significato proprio aderente alla realtà, faccia bene.
Tre aggettivi che ti rappresentano…
Io metterei “pigro” per partire subito con un difetto. Scherza.
Io metterei pigro, altalenante e curioso.
Due negativi e uno positivo.
Altalenante nel senso che mi piace passare da un argomento all’altro, o da un pensiero all’altro, e magari anche da stati di grande euforia a momenti un po’ più di riflessione. É molto molto facile questa alternanza nel mio carattere, senza avere delle oscillazioni incredibili chiaramente.
(E perché pigro?)
Pigro… pigro è chi ha sempre bisogno di un leggero pizzicottino per partire a fare qualcosa.
Qual è il tuo background, cos’è stato significativo nella tua formazione?
Certamente il background acquisito al Lido 84, perché stiamo parlando anche di ciò che faccio ora, ed è senza dubbio l’esperienza più importante che ho avuto. Abbiamo seguito la nascita del nostro ristorante dalla A alla Z; per necessità abbiamo dovuto crearlo passo dopo passo partendo il primo anno con lo scotch sui vetri in inverno, perché avevamo terminato i soldi per rifare i serramenti. Questo breve aneddoto è significativo per dire che abbiamo seguito proprio tutto, vivendo la partenza della prima email da un piccolo ufficio nel ristorante, fino ad arrivare a oggi. Sono trascorsi sette anni, forse non sono molti, ma veder crescere un’attività da quando è neonata fino a quando ha una maturità differente è forse il background più importante della mia vita…
Che legame hai con Brescia?
Mi fa molto piacere questa domanda, ne parlavo giusto qualche giorno fa con degli amici… mi sto accorgendo di aver vissuto più nella provincia di Brescia rispetto a quella di Bergamo. Devo dire che sono molte le cose interessanti perché vivevamo a cavallo della provincia di Bergamo, tra Bergamo e Brescia. Vivevamo vicino al lago d’Iseo e, in un certo senso, devo dire che anche l’aggancio all’acqua e all’umidità, e quindi al lago, è stato significativo per noi. La cultura bresciana e quella bergamasca sono molto simili, attaccate ad una certa concretezza che mi ha aiutato molto. È una cosa a cui sono davvero legato ed è una cultura che rimanda molto – oltre all’aspetto legato all’acqua e all’umidità, anche alla montagna stessa. Condividiamo certe montagne tra la bergamasca e la bresciana e ammetto che quelle culture, quell’atteggiamento di vita, con quelle essenzialità, quel pragmatismo che è necessario, sono aspetti che mi hanno sempre affascinato. Rappresentano un modello, un modo di essere che contraddistingue tutti quelli che vivono nei nostri territori.
Qual è secondo te la principale forma di successo?
Non ho e non ho mai avuto obiettivi estremamente precisi e specifici da dover inseguire, ma sono sempre stato curioso in senso lato. Ciò che mi rende felice alla fine della giornata dipende dal grado di possibilità di comprendere cose differenti tutte le volte. Quindi faccio veramente fatica a dire quale possa essere per me la principale forma di successo… In realtà già la parola successo un po’ mi spaventa perché di per sé ritengo sia effimero, temporaneo, molto relativo e soggettivo. Ammetto che la parola “successo” mi mette un po’ in imbarazzo. Semplicemente tutte le volte che la mia curiosità viene appagata mi sento felice e questo è un grande traguardo.
Che cosa ti spaventa maggiormente?
Io ho un brutto rapporto col tempo e quindi diciamo che il passare del tempo è una cosa che mi dà sempre un po’ di preoccupazione; è molto generale come considerazione perché in realtà non c’è una cosa che mi spaventa più di un’altra. Sono piuttosto avventuroso rispetto alle situazioni, nel senso che se c’è una cosa da fare ho sempre il piacere di buttarmi, nel dubbio se farla o meno, la mia risposta è sempre sì!
Qual è l’ingrediente immancabile della tua vita, privata e lavorativa?
Ti risponderei lo sport. Non ho molto tempo, ma quando posso mi piace praticarlo per quanto possibile, perché mi riequilibra molto. Mi piace anche vederlo, guardarlo e devo dire che è un momento di pausa mentale, quindi oltre all’aspetto salutistico dell’attività fisica c’è anche quest’altro aspetto che per me è molto importante. Mi permette di cancellare i pensieri e ritrovare il mio equilibrio.
Cosa pensi dei giovani d’oggi e quale consiglio daresti loro?
Ogni giorno abbiamo davanti agli occhi un esempio bellissimo di giovani che lavorano con noi e sono anche molti, una ventina di ragazzi, che hanno 23 o 24 anni. Rispetto al luogo comune dei giovani “che non sono più quelli di una volta e che fanno male le cose”, posso dire che noi invece abbiamo avuto sempre una risposta positiva perché li vediamo molto concreti, umili, con una grande passione, degli obiettivi chiari e questo ci dà un’enorme energia. Ogni tanto ci piace fare la parte dei fratelli maggiori un po’ sulla scorta degli errori che abbiamo già fatto. Ciò che posso consigliare ai giovani d’oggi è una cosa importante, ma anche abbastanza banale, ovvero lo spirito di sacrificio che deve essere un pò assimilato da ognuno di noi perché fa parte dell’esperienza umana, dell’essere umano che cresce e che intende raggiungere determinati risultati.