“Se vuoi essere uno tra i numeri uno devi porre al centro del tuo credo professionale ricerca e tecnologia”

Quarant’anni all’anagrafe ma già tra i migliori oculisti e chirurghi anche al di fuori dei confini italiani.  ANDREA RUSSO fondatore del Centro Oculistico Bresciano si racconta a BRE. Appassionato ricercatore in campo oftalmico, è inventore di brevetti nazionali ed internazionali nella diagnostica oculistica ed autore di più di 30 pubblicazioni sulle più prestigiose  riviste oculistiche mondiali. Eccellenza bresciana nel mondo.

Qual è stato il tuo background e come ti sei avvicinato a questa particolare branca della medicina?

Nonostante mio padre fosse un oculista per me la scelta di perseguire le sue orme non ha costituito una sorta di eredità generazionale bensì la valutazione più prevedibile per inseguire una vision ben precisa ovvero quella di potermi slegare da una carriera ospedaliera concentrandomi su prospettive nel privato.   Desideravo fortemente non essere dipendente dall’ospedale e al contempo reallizare qualcosa di mio, la mia clinica. Di fatto, ragionai per esclusione. Quale branca della medicina può consentirti di fare imprenditoria? Odontoiatria, chiurgia plastica, oculistica? Scelsi oculistica. In realtà le prime ambizioni giovanili mi condussero verso tutt’altro. Entrai dapprima in ingegneria arrivando secondo ma abbandonai subito l’impresa, in fondo l’oculistica faceva già parte probabilmente e involontariamente nel mio DNA. Mi laureai presso l’Università di Brescia e mi specializzai in oculistica.L’avventura poteva rivelarsi già chiusa in realtà ma spinto da una forte motivazione decisi di affinare la mia preparazione al Moorfields Eye Hospital di Londra, il più antico e grande centro per il trattamento oculistico, per l’insegnamento e per la ricerca in Europa. Mi stabilii a Londra per un periodo lusingato principalmente dalla curiosità di capire come questa professione venisse esercitata al di fuori dall’Italia.Sai, finchè rimani in Italia, vuoi per cultura, tradizioni o semplicemente per abitudini ordinarie vige la predisposizione a “sedersi” su certi parametri, oggi a mio avviso molto limitati, Londra per me si rivelò un faro, sicuramente quella vision che cercavo.Quell’esperienza avrebbe potuto farmi sognare qualcosa di grande.   Rientrato da Londra decisi di partecipare ad un dottorato di ricerca rimanendo vincolato all’Università. In realtà, la carriera dell’universitario, fu da sempre il sogno di mio padre, un’ambizione che tentò di trasmettermi omettendo le mie vere intenzioni che, ahimè si palesarono poco dopo. In effetti, quella dell’universitario, fu una carriera che non mi entusiasmò sin dall’inizio, avrei dovuto “sollevare tante borse” e inchinarmi ad una gavetta veramente lunga. Nel frattempo avrei dovuto pubblicare moltissimi articoli rimettendoci tantissimi anni. Solo quando si trattò realmente di sostenere il concorso in università decisi di cambiare strada credendo fortemente nelle mie ambizioni e seguendo finalmente il mio percorso. 

Cosa significa per un ragazzo così giovane catapultarsi in una responsabilità così grande?

All’inizio devi darti veramente da fare. E non parlo unicamente di un percorso di studi importante e impegnativo. Per perseguire determinati obiettivi da oculista avrei dovuto dimostrare due cose: di poter fare a meno dell’ospedale, ricostruendolo in piccolo e anche della carriera universitaria. Durante le mie varie esperienze in Inghilterra e in America, mentre sostenevo il dottorato di ricerca, osservavo intenzionalmente come funzionavano questi centri privati. Cercavo di assorbire ogni sfumatura, principi che poi avrei dovuto tradurre in “salsa” italiana per così dire.

Nel 2015 la svolta.

Nel 2015 inizia la mia professione a Palazzo Manzoni l’Istituto Chirurgico specializzato in Odontostomatologia, Chirurgia Orale, chirurgia plastica e medicina estetica.Il Dottor Motta e il Dottor Jacotti mi concessero l’opportunità di aprire il mio primo studio di oculistica all’ultimo piano del Palazzo.Lo studio nel giro di pochissimo tempo si affermò con ottimi risultati e una grande soddisfazione dei pazienti. Dopo soli due anni rilevai un terzo dello studio divenendo di fatto loro socio.Palazzo Manzoni è oggi una realtà molto affermata, non solo a Brescia, un crocevia di grandissimi professionisti capaci di collaborare in modo sinergico e in una struttura per tecnica e tecnologia altamente evoluta. É stato un “matrimonio” fortunato quello che nel 2017 mi associò al Dottor Motta e al Dottor Jacotti, un’alleanza senza conflitti, una realtà solida e riconosciuta, uno studio che realmente si completa.Erede di questi ottimi risultati è proprio il nostro nuovo progetto, l’apertura della nuova clinica in Viale Bornata. Se qui a Palazzo Manzoni si insedierà l’oculistica, la radiologia e un piccolo pronto soccorso traumatologico in Viale Bornata si stabilirà la chirurgia plastica, la medicina estetica e l’odontostomatologia.

Sono stati i tempi a suggerirvi un ampliamento così importante?

Sicuramente ambizioni comuni e tempi ospedalieri oggi in profonda difficoltà.Oggi la tendenza ad avvalersi degli studi privati da esigenza inevitabile sta diventando una consuetudine.A maggior ragione che le LEA (i livelli essenziali di assistenza) garantiti in ospedale per trattare alcune patologie, come la cataratta, non si dimostrano sufficienti a correggere eventuali difetti di vista associati. Motivazioni che spingono sempre più pazienti a scegliere il Centro Oculistico Bresciano di Palazzo Manzoni.

Che ruolo occupa la tecnologia nella sua professione?

Sicuramente è sostanziale. Nel mio studio c’è la massima tecnologia, l’avanguardia in termini di device medicali. La mia preparazione per sostenere il dottorato anche in questo senso mi ha aiutato fortemente. Le pubblicazioni e le ricerche effettuate nel passato si sono rivelate essenziali per amplificare questo upgrade tecnologico.Sviluppare la mia intelligenza artificiale e tutti i numerosi studi portati a termine in quegli anni sono stati essenziali per il futuro del mio studio. La ricerca nell’ultimo decennio mi ha coinvolto sensibilmente, mi ha permesso di girare il mondo partecipando ai congressi più influenti. Proprio due settimane fa, ad esempio, ero a Chicago e a breve partirò per Bucarest, Londra e Singapore.Se vuoi essere uno tra i numeri uno devi porre al centro del tuo credo professionale ricerca e tecnologia.  

Il fatto di essere uscito dall’Italia per affinare la sua professionalità quanto le è servito?

Senza dubbio tantissimo. É un gap enorme. In Italia c’è poca cultura, la chirurgia refrattiva, ad esempio, non ha mai potuto contare su una grande scuola. Sono pochi al mondo ad eseguirla veramente bene. Fuori dal nostro Paese impari dai migliori e non per ultimo sperimenti il significato di imprenditorialità legata alla sanità. 

Il suo lato imprenditoriale come lo ha costruito?

Nessuno te lo insegna. Credo che imprenditore in un certo senso ci devi nascere. Ho scelto oculistica anche per questa ragione, per rendere sicuramente dinamica e in crescita la mia vita anche sotto il punto di vista imprenditoriale e quindi economico. Nel primo periodo a Palazzo Manzoni mi recai a Chicago per partecipare ad un MBA (Masters of Business Administration) alla Northwestern University nel dipartimanto Kellogg, un programma di business capace di fornirti le skills per gestire imprenditorialmente la tua clinica, dalla contabilità al marketing, dal rapporto con i dipendenti a quello con i fornitori, diciamo il glossario degli imprenditori adattato alla sanità. 

Hai mai pensato di lasciare l’Italia?

Trasferire il mio know-how in America sarebbe complicatissimo. In primis dovrei convertire gli studi ovvero rifare le abilitazioni e la specialità, quindi, tantissimi anni di studio davanti. In secondo luogo l’Italia offre sicuramente più opportunità in questo settore, a questi livelli, in quanto ancora poco “esplorato”.  Come successe un decennio fa per le cliniche dentistiche anche le cliniche oculistiche oggi sono sotto la lente dei fondi.Non nego che negli ultimi tempi molte sono state le proposte di acquisizione dello studio, “opportunità” declinate da parte mia per mancanza di obiettivi comuni ma soprattutto per avvalorare il valore fondamentale del centro Oculistico Bresciano, quello umano, tecnico e tecnologico.L’unico obiettivo consacrato alla crescita che ci vedrà protagonisti nei prossimi anni sarà la realizzazione del nuovo polo sanitario di viale Bornata, un progetto che ci proietterà in una sfera ancora più specifica e professionale. 

Qual è l’intervento più effettuato oggi nel suo studio?

Sicuramente gli interventi a laser per togliere gli occhiali, risoluzioni, oggi traslate anche su pazienti di 50/60 anni per vedere da vicino. Questo può essere effettuato con varie metodiche, alcune più invasive e meno performanti altre sicuramente meno invasive ma  tecnicamente e tecnologicamente più importanti che, attraverso il laser ed un expertising in più permettono di conquistare una qualità visiva molto superiore. Operiamo 2600 occhi all’anno con una lunga lista d’attesa e una media di 20.000 visite. Più di questo non è possibile fare ecco perchè ora abbiamo la necessità di formare oculisti altamente specializzati che possano ampliare e rispondere alla tanta richiesta.

La sua vita privata a monte di 20.000 visite all’anno?

A volte penso che sia solo un ricordo o ciò che realmente è rimasto della mia vita privata. Con un turnover come questo è davvero difficile riuscire a ritagliarmi degli spazi, perseguire hobby e passioni sostenendo questi ritmi ma rimane comunque uno dei miei prossimi obiettivi.

Le sue passioni?

Nel poco tempo disponibile cerco di ritmare le mie passioni più vere: ciclismo, sci, viaggi e motori.  

Che rapporto ha con questo territorio?

É la mia città, qui sono nato, qui ho studiato, qui collaboro da tempo con l’Ospedale e l’Università e anche se il mio cognome tradisce origini siciliane considero Brescia la mia città a tutti gli effetti. Svolgere questo mestiere a Brescia è l’ideale è una città altamanete ricettiva.

Quale luogo di Brescia ama profondamente?

Il suo castello e le sue passeggiate panoramiche.

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