
Una crociata vorrei definirla, dettata dal sentimento, da un trasporto emotivo, assai nitido e responsabile, quello che, Simona Tironi, Componente del Consiglio Regionale della Lombardia, Vice Presidente Commissione III Sanità e Politiche Sociali, sta da lungo tempo intitolando a quella sfera oscura, troppo spesso taciuta e confinata nei pensieri di molti, un limbo di oppressione, una “schiavitù” in grado di soffocare realmente donne, uomini e bambini di qualsiasi età: i disturbi del comportamento alimentare. É proprio la sua determinazione da leonessa, addolcita da un approccio denso di umanità e amorevole consapevolezza, il segreto della sua affermazione, non solo su un palco dinnanzi a centinaia di spettatori durante un convegno, ma anche in quelle “stanze del dolore”, luoghi dove la sua mano tesa ha fatto molto di più di mille promesse
I disturbi alimentari e di comportamento rappresentano una tematica molto importante per Lei, da dove nasce questa sua sensibile attenzione?
É nato tutto un po’ per caso. Nella mia attività istituzionale di Vicepresidente della Commissione Sanità desiderai fortemente spingermi sul “campo” per vedere da vicino come realmente stavano le cose. Due anni fa, poco prima dell’inizio della pandemia, accompagnai l’allora Assessore Gallera a “Villa Miralago” a Cuasso al Monte in provincia di Varese, un centro per la cura dei disturbi alimentari, una delle strutture più grandi in Lombardia. Visitai la struttura e ne uscii sconcertata e commossa promettendo a me stessa di impegnarmi maggiormente per questi ragazzi. Ciò che mi colpì fu quella lista d’attesa infinita, un lungo elenco di bambini, ragazzi e adulti che necessitavano di cure immediate. A differenza di tutte le altre malattie, i disturbi alimentari rappresentano patologie “senza tempo”, non si risolvono in tempistiche ben stabilite ma determinano percorsi individuali di cura e di guarigione che possono perdurare dai 7 mesi ad anni. Ragion per cui le liste di attesa si allungano creando delle problematiche importanti.
Com’è stato condividere una giornata con gli ospiti della struttura?
Ho incontrato ragazze e ragazzi, anche molto piccoli, alcuni avevano solo 12 anni. Mi hanno letteralmente strappato il cuore conducendomi da subito a studiare questo oscuro malessere con maggior premura.
Mi chiesi immediatamente cosa avrei potuto fare per migliorare questa situazione.
Iniziai a visitare tutte le strutture Lombarde innescando un percorso di audizione in Commissione invitando le Associazioni dei pazienti e dei famigliari per ascoltare il loro punto di vista e il disagio sofferto come famiglia. Oggi ricevo centinaia di e-mail al giorno da parte di genitori davvero disperati che invocano un semplice aiuto. La zia di un ragazzino sofferente di disturbi alimentari mi scrisse un’ e-mail chiedendomi con estrema disperazione di anticipare la visita ambulatoriale del nipotino quattordicenne di 4 giorni, pur sapendo che quei 4 giorni avrebbe rappresentato per loro un’eternità.
Da questi disagi, sempre più pesanti e numerosi, espressi in prima persona dalle famiglie decisi di iniziare a scrivere insieme ai miei collaboratori e i migliori esperti del territorio una nuova legge che esattemente dopo un anno e mezzo, il 16 febbraio 2021 è stata approvata all’unanimità dal Consiglio regionale.
La Pandemia ha rappresentato un ostacolo?
Sì, ha rallentato tutto ma si è rivelata principalmente una dolorosa coltellata per tutto ciò che concerne il disagio giovanile e i disturbi alimentari. Il fatto che i nostri ragazzi non abbiano più potuto relazionarsi unitamente ai disagi della Dad, della distanza e non per ultimo della solitudine forzata non ha fatto altro che imprigionarli in una grave dimensione di solitudine. Una delle cose che hanno iniziato a fare è stato proprio l’astenersi dal mangiare e l’incremento della malattia si è rivelato sconcertante facendo registrare un 40% in più di casi registrati rispetto all’anno precedente. Oggi che sono maggiormente concentrata e coinvolta da questa tematica, osservo quanti casi si palesano proprio sotto i nostri occhi. Sono ragazzini bravissimi a scuola, perfetti nella vita ma che purtroppo cadono in un vortice, un ciclone che ti risucchia.
Parlando sempre di famiglia, come un genitore può per primo iniziare a combattere con il disturbo del proprio figlio o figlia? Il percorso in che maniera va affrontato?
La famiglia è importantissima, nella nostra legge abbiamo dedicato uno spazio considerevole al ruolo genitoriale. Dopo la dimissione, il rientro in famiglia rappresenta una circostanza delicatissima e ogni componente deve necessariamente sapere come approcciarsi.
Pensa che l’uso spasmodico dei social da parte dei ragazzi e l’inesorabile pubblicazione di modelli non sempre veritieri possa rivelarsi una concausa o un’accelerazione di questo disturbo?
L’ideale di bellezza a tutti i costi, scalfita da modelli visionari e non sempre coerenti in passato è stato un momevente. Oggi la vera causa va a rifugiarsi nel disagio di questi ragazzi, chiusi in se stessi e afflitti da un severo senso di solitudine.
La mobilitazione ha coinvolto anche Ambra e Vi ha condotte a momenti di sensibilizzazione molto importanti, ce ne parla?
É stata una pura casualità. Mentre lei presentava il libro sulla sua esperienza di vita con la bulimia io presentavo la mia legge. Ci siamo incontrate e abbiamo da subito iniziato a lavorare insieme. In realtà conobbi Ambra mesi prima in occasione della raccolta fondi SOS Brescia. Lei, aprì subito il suo cuore a sostegno di questa battaglia accettando con grandissima gioia.
La portai direttamente dalle ragazze al centro di cura dell’ASST Spedali Civili a Gussago presentandola come un esempio di forza, di realizzazione femminile, di bellezza e di maturità, un esempio a testimonianza del fatto che da queste malattie si può guarire. Ambra è stata accolta e ascoltata con grandissima gioia dalle pazienti, e di lì è nato un pecorso con l’equipe del centro che ha condotto e coinvolto tutti noi in uno straordinario progetto.
Ambra, estramamente sensibile e nei confronti di questa dolorosa tematica, ha voluto iniziare insieme a loro quello stesso percorso che a lei, anni prima potè salvarle la vita: il teatro.
Abbiamo quindi iniziato a lavorare ad un meraviglioso progetto teatrale in grado di coinvolgere pazienti e famiglie, tradotto in uno spettacolo che porteremo in scena ad ottobre e che in futuro utilizzeremo come modello da trasmettere alle principali realtà lombarde come il Niguarda di Milano.
Qui a Brescia come siamo messi? Cosa può fare un genitore quando avverte una situazione di pericolo?
Due mesi fa decisi di organizzare un Convegno sul disagio giovanile dal titolo “re-esistiamo” in quanto la consapevolezza su questo tema non è mai abbastanza, specie alla luce di quanto accaduto durante questi lunghi mesi in merito alla sofferenza psicologica di ragazze e ragazzi.
L’accettazione che esista una difficoltà, un disagio, un disturbo, una malattia è il primo passo che deve compiere un genitore, spoglio di imbarazzo e privo di qualsiasi pregiudizio. La famiglia intera non deve rischiare di cadere nel vortice della vergogna ma prendere per le mani la situazione e invocare l’aiuto di specialisti, in questo caso psichiatri e psicologi.
Durante questo convegno, rivelatosi un grande successo, abbiamo deciso di convocare una decina di ragazzi ascoltando dalla loro stessa voce le differenti esperienze sofferte. Questa circostanza è stata un grandissimo punto di partenza. Quello che un genitore deve capire è che è importante portare il proprio figlio dal pediatra o dal medico di base per in quadrare i problemi, così come lo è il rivolgersi agli specialisti. Queste figure che andranno sempre più sensibilizzate e formate possono fare la differenza. Il pilastro cardine della nuova Legge si base proprio sulla formazione. Andremo a formare tutti i medici di base e i pediatri in quanto l’età dei pazienti si sta abbassando sempre di più. Gli doneremo gli strumenti per percepire i primi campanelli d’allarme.
Stiamo “fotografando” i servizi che oggi già possediamo ma che necessariamente abbiamo il dovere di potenziare. L’obiettivo sarà quello di creare dei luoghi di prima assistenza ambulatoriale dedicata ai disturbi alimentari in tutti gli ospedali del territorio.
Oggi a Gussago il Centro pilota regionale per i Disturbi del Comportamento è un esempio di grande efficienza. Accoglie una decina di ospiti ricoverati e ospita, ogni giorno, un’altra decina di pazienti in day ospital. Anche qui la richiesta è altissima e la lista infinita. Purtroppo la pandemia oltre ad aver provocato una pesante scossa sull’aumento dei disturbi alimentari ha amplificato enormemente i fenomeni di autolesionismo. Circostanze davvero terribili che coinvolgono moltissimi ragazzi soprattutto in età adolescenziale.
Che tipo di preparazione può vantare il sistema sanitario bresciano a monte dei 13 milioni di euro appena erogati da Regione Lombardia?
Quali i futuri progetti?
Brescia vanta una delle più autorevoli neuropsichiatrie a livello Lombardo e il nostro desiderio è quello di potenziare e consolidare le cure a tutto il territorio. Pensiamo all’autismo, una patologia dalla quale non si guarisce, ma che conduce paziente e famiglia ad incontrare durante tutto il percorso notevoli avversità partendo proprio dalle continue visite mediche in strutture differenti. Il nostro obiettivo è quello di creare un grande centro consacrato alla neuropsichiatria in grado di accogliere e soccorrere ogni richiesta. Proprio per questo, abbiamo identificato nel Centro Nikolajewka di Brescia, una struttura già presente ma in disuso, il luogo perfetto per istituire questa iconica realtà sanitaria. Un centro destinato a diventare il grande punto di riferimento per la Lombardia della neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.
Insieme agli Spedali Civili di Brescia abbiamo presentato questo progetto all’Assessore che lo ha accolto con grande entusiasmo e nel giro di un mese, con la soddisfazione di tutti, è stato finanziato con 13 milioni di euro. L’ufficio tecnico degli Spedali Civili sta già lavorando ai progetti di ristrutturazione e a settembre finalmente inizieranno i lavori di riqualificazione.
Questo luogo rappresenta la struttura perfetta. La nostra ambizione è quella di creare un centro spoglio di quell’asprezza ospedaliera, confortevole e accogliente per il visitatore e l’ospite, un ambiente protetto ma libero allo stesso tempo calato in un’atmosfera più piacevole e attraente. Sono felicissima per questo traguardo, una grande opportunità per i bresciani ma anche per il territorio stesso perchè tornerà a vivere una struttura bellissima e finalmente le famiglie sapranno a chi rivolgersi. Stiamo inoltre avanzando l’iter per la ristrutturazione del nuovo Ospedale dei Bambini. Questo significa che Brescia da qui a qualche anno potrà fregiarsi di qualsiasi tipo di assistenza rivolta alla pediatria, per bambini e adolescenti. Ieri insieme all’Assesore Moratti abbiamo presentato un piano per cui, come Regione Lombardia, investiremo mezzo miliardo di euro sugli Spedali Civili di Brescia, un maxi progetto che ci permetterà di riqualificare i reparti più compromessi come il satellite, e all’interno di questo progetto c’è proprio la riqualificazione del nuovo ospedale dei bambini.
Brescia diventerà un modello d’avanguardia e ospiterà un percorso terapeutico completo per ragazzi, adolescenti e adulti.
La nostra Legge, approvata all’unanimità, senza colori politici, ha incoraggiato moltissimi psichiatri e psicologici provenienti da ogni regione d’Italia a scriverci lamentando le loro problematiche conseguenza di strutture non idonee a sopperire cure e richieste d’aiuto.
La mia speranza è che tutta l’Italia si possa attrezzare proprio come sta facendo ora la Lombardia e la nostra Brescia. Abbiamo raccolto la sensibilità della Ministra Gelmini e della Ministra Bonetti che hanno fatto propri gli obiettivi della legge a mia prima firma impegnandosi a mettere a sistema un intervento nazionale, nei livelli essenziali di cura tutelandolo attraverso una legge che vada in modo trasversale a disciplinare tutto il territorio per curare questa importante patologia.
Si sta quindi lavorando a un nuovo disegno di legge che prevederà, anche attraverso sanzioni penali, un disciplinare per tutte quelle attività pubblicitarie che istigano attraverso modelli incitatori.
Stiamo inoltre aumentando anche gli spazi dedicati al day ospital perchè, più ragazzi sarà possibile visitare, più risposte riusciremo a dare.
Come ha reagito dal punto di vista emotivo, come donna e come mamma?
La loro visione distorta della realtà mi ha donato molti spunti per riflettere. Il Professor Lombardi si è rivelato una “chiave” fondamentale per tutto questo progetto. É stato il “papà” di questa legge, ha dedicato tutta la sua vita ai disturbi alimentari e fa parte della nostra cabina di regia. Oltre al dolore e al pesante coinvolgimento emotivo esistono storie bellissime che mi hanno davvero rubato il cuore. Ho conosciuto una ragazzina di 14 anni che durante il lockdown aveva smesso letteralmente di mangiare. Venne ricoverata per tre mesi agli Spedali Civili alimentata esclusivamente con il sondino, mesi terribili scanditi dal dolore di una madre che mi comunicava di continuo tutte le difficoltà e le paure.
Il mese scorso, dimessa e rientrata in famiglia, questa ragazza mi comunicò di aver deciso di dedicare la sua tesina all’anoressia coinvolgendomi nel progetto.
Il momento più emozionante è stato quello di ritrovarla nella sua cameretta e non su un letto d’ospedale a scrivere una vera biografia del suo male.
Sentire poi, una mamma sussurrarmi: “vedere mia figlia che vive è qualcosa di straordinario” mi ha fatto davvero commuovere. Sono esempi e lei rappresenta il ritorno alla vita. Io ho una bambina di cinque anni e da quando mi occupo di sanità, pur non avendo una formazione medica, mi porto a casa ognuno di questi problemi, molto spesso mi causano anche una spasmodica attenzione nei confronti della mia bambina. Sono situazioni che ti senti addosso e pervadono ogni tuo pensiero. Come tutte le cose finché non le osservi da vicino non le riesci davvero a comprendere. Quando vedi la sofferenza sui bambini ne soffri tantissmo non riesci proprio a creare un distacco. Diventa un dovere non più un’ambizione sono situazioni che ti risucchiano ed è stupendo poi vederli tornare a vivere.