Spazio Almag per l’arte contemporanea

“Ci sono collezioni che nascono e si evolvono attorno ad un tema preciso, un formato, un materiale, un periodo storico. Altre senza apparente logica, ordine e direzione. La collezione di Umberta, che ho avuto il piacere di veder evolvere negli ultimi anni, presenta un filo conduttore che collega i ricordi con le conoscenze nuove,  sensazioni viscerali che l’hanno portata  a collezionare ascoltando il cuore. Siamo dinanzi ad una vasta collezione, di oltre  140 opere, che spaziano dai primi anni del ‘900 fino ad essere ultra contemporanee, con opere eseguite nei primi giorni del 2023. Sui due piani dello Spazio Almag,  ripensato e ristrutturato con la precisa intenzione di accogliere opere d’arte, troviamo fotografia e pittura, installazioni e sculture, opere luminose e realizzate specificatamente per lo spazio, le cosiddette ‘site specific’. Un insieme che muterà negli anni, con nuove aggiunte e riorganizzazione degli spazi, perché l’arte si evolve con il tempo, con le nostre esperienze, con noi”. Edoardo Monti, curatore

Intervista a Umberta Gnutti Beretta

©Publimax

Come nasce l’idea di creare questo spazio? 

L’arte è una passione che mi ha trasmesso mio padre da cui, in realtà, è nata l’idea di creare uno spazio dedicato con il supporto di mio fratello Gabriele. Il collezionismo in qualche modo è un vizio per cui, dall’età di diciott’anni, ho comprato moltissime opere e quadri quasi rigorosamente contemporanei o addirittura oltre al contemporaneo, nel senso di giovani emergenti. Tra le opere oggi esposte ci sono perlopiù artisti viventi, ad eccezione del taglio di Lucio Fontana e dell’opera di Andy Warhol; artisti più o meno affermati a cui non ho saputo resistere fino al punto da avere veramente la casa piena, senza più spazi da occupare! E poi mio padre ha pensato: “perché non creare uno spazio dedicato all’arte in azienda?”. Devo ammettere che all’inizio mi sembrava un’impresa titanica la sola idea perché alcune cose sono veramente grandi e difficili da spostare, ma successivamente – in seguito al discorso di Brescia e Bergamo capitale della cultura – ho pensato fosse l’anno migliore per realizzarlo. Tutto sommato ci siamo riusciti in tempi brevi, circa sei mesi per realizzare un ambiente che è stato pensato come contenitore di opere d’arte, uno spazio di contemporaneo dove io ho portato tutto ciò che possiedo.

Si tratta di opere che provengono essenzialmente da casa tua? 

Assolutamente, erano tutte opere presenti in casa mia, alcune anche in soffitta o in cantina. Sorride. E persino in casse mai aperte tipo “The Observer”, l’uomo che osserva dal balcone di Elmgreen&Dragset che avevo acquistato tempo fa, ma non avevo mai esposto perché non avevo idea di dove collocarlo! Lo stesso vale per il bellissimo lampadario “Chandelier Antler” di Richard Jackson che è stato piuttosto complicato da portare a casa, ma anche da spostare qui, così come per gli oggetti più voluminosi.

Perché la scelta di collocare questo spazio in Almag?

Ci piaceva l’idea di avere qualcosa di un po’ speciale all’interno della nostra azienda, come accade da mio marito in Beretta dove il Museo dedicato alle armi piace davvero molto a chi si reca lì: clienti, fornitori e naturalmente in primis le persone che ci lavorano e possono, se lo desiderano, beneficiare di uno spazio in cui essere circondati dalla bellezza. 

Un progetto curato da Edoardo Monti, come nasce la vostra collaborazione? 

Edoardo è un ragazzo giovane che gestisce Palazzo Monti, uno spazio d’arte che è una residenza per artisti; alcune delle opere qui presenti sono state create da artisti che hanno vissuto del tempo a Brescia. Ho iniziato un rapporto di amicizia, di fiducia e di totale condivisione della passione per l’arte con Edoardo ormai da qualche anno e mi è sembrata la persona più adatta ad affiancarmi in questo progetto. La mia volontà era di creare qualcosa di assolutamente versatile e contemporaneo,  non troppo istituzionale e impostato dal momento che non si tratta di una raccolta così importante da giustificare la creazione di una Fondazione o prendere chissà quale direzione. Edoardo Monti è un professionista estremamente qualificato, con un grandissimo intuito che mi ha aiutato con dedizione nell’organizzazione e nell’esposizione delle opere d’arte.

Mi racconti qualcosa delle opere esposte? Quelle più rappresentative…

Sono talmente tante… Sorride.  In questa collezione, o meglio “raccolta” – dal momento che non si tratta di una vera e propria collezione con un tema di fondo – un posto importante è riservato alla fotografia che io amo molto. Ci sono parecchie opere fotografiche più o meno grandi; al piano superiore la prima stanza è dedicata quasi esclusivamente ad opere di artisti che lavorano con le fotografie o fotografi. Miles Aldridge, un famoso fotografo di moda, la fotografa italiana Lady Tarin, piuttosto che Nan Goldin un’artista fotografa e naturalmente anche artisti che utilizzano la fotografia al termine di una performance. Mi riferisco ad esempio alle immagini di Vanessa Beecroft “Still death! Darfur, still deaf?” ispirata alla strage del Darfur o “The Family” di Marina Abramovic anch’essa seguita ad una performance.

Mi raccontavi che c’è una parete dedicata alle donne… 

Una parete è dedicata alle donne. Giovani pittrici come Sara Birns, Jenna Gribbon, Diane Dal-Pra. Sempre sulla stessa parete l’opera di Marinella Senatore, un portale luminoso che riporta la scritta che mi piace molto “We Rise by Lifting Others”, ovvero “Ci eleviamo aiutando gli altri”, un lavoro che ammiro da tanto tempo. L’ho scoperta andando in giro sulla High Line di New York, me l’ha fatta conoscere Cecilia Alemanni; mi è sempre piaciuta e quando abbiamo deciso di creare questo spazio dove c’era posto per altre opere, l’ho contattata per creare un lavoro “site specific”. Poi c’è esposta una panchina di marmo che dice “The future is stupid” di Jenny Holzer e un’altra scritta “Can money buy you love?” di Barbara Kruger anche lei una donna che usa molto le parole. Non dimentichiamo Paola Pivi con “I am a professional bear”, un orso bianco gigante di oltre un metro e mezzo che accoglie i visitatori all’ingresso della prima sala o la meravigliosa fotografia a lato di Adelita Husni-Bey. Finalmente dopo secoli in cui le donne nel mondo dell’arte erano delle meteore, diciamo che adesso c’è una buona presenza femminile per cui è anche più facile trovare delle opere realizzate da artiste donne.

Trovi che il linguaggio artistico femminile sia differente oppure il modo di esprimersi nell’arte ha radici che affondano nell’intimità personale di un autore?

Onestamente io non vedo differenza nell’arte tra donna o uomo. Secondo me le opere d’arte esposte create da donne avrebbero potuto tranquillamente essere realizzate da artisti uomini e viceversa.

La conoscenza crea consapevolezza: hai avuto modo di viaggiare e conoscere l’arte nelle sue mille forme e colori, apprezzare epoche e stili differenti. Quali sono gli aspetti dell’arte contemporanea che ti affascinano maggiormente? 

Decisamente l’opportunità di stabilire un legame con l’artista. Ad eccezione di tre o forse quattro artisti, ho conosciuto tutti gli artisti qui esposti e con alcuni di loro mantengo un rapporto personale come ad esempio con Paola Pivi o Jacopo Benassi che è un bravissimo fotografo.  Tanti lavori sono stati fatti, non dico su commissione, ma ragionati insieme agli artisti… “Beretta Head” è un ritratto di mio figlio Carlo fatto da Jake and Dinos Chapman; li abbiamo conosciuti a Londra e abbiamo trascorso del tempo con loro per realizzare il ritratto. Lo specchio con l’immagine di Carlo di Pierpaolo Ferrari, Maurizio Cattelan (Toilet Paper) e Giampiero Romanò; mio figlio è spesso presente nelle opere perché io l’ho sempre portato con me affinché si appassionasse all’arte. Abbiamo deciso di creare un ritratto di famiglia con Luca Finotti in versione NFT, era il periodo del lockdown per cui conoscevamo il regista che avevo interpellato, ma non l’artista che successivamente ha realizzato l’NFT, Michael La Burt, anche lui bravissimo. In definitiva direi che ho conosciuto quasi tutti gli artisti presenti in questo spazio, con loro ho intrattenuto una sorta di rapporto per così dire artistico o quantomeno necessario per commissionare l’opera e questo è il motivo che mi spinge ad occuparmi di contemporaneo rispetto all’arte del passato.

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Episodi curiosi legati alle opere o agli artisti esposti? 

In verità ne potrei raccontare mille! Sorride. Di certo il più simpatico ultimamente è stato l’NFT “The Beretta Family Portrait” perché si tratta di un progetto realizzato con tutta la famiglia che ha rappresentato un’occasione per trascorrere una giornata tutti insieme. Essere uniti, in qualche modo dentro un’opera, parte di un opera, mi è piaciuto molto, è stata una bellissima esperienza! Oppure episodi legati all’acquisto delle opere che non è sempre così semplice. Ironico il lavoro di Michelangelo Pistoletto “A call” pensando che ritrae un soggetto al telefono, proprio come lo ero io mentre cercavo disperatamente di aggiudicarmi l’opera ad un’asta, ferma in mezzo al mare a Saint-Tropez con la barca in panne. Pensavo che non ce l’avrei mai fatta e invece riuscii ad aggiudicarmi l’opera! Sono tantissime le storie che mi legano a questi lavori che rimarranno sempre nei ricordi e nei miei pensieri perché l’arte occupa un posto speciale nel mio cuore.

“Non si può avere tutto”… c’è un’opera che rimpiangi di non essere riuscita ad avere?

Sicuramente, ce ne sono moltissime! Di certo un errore che ho fatto tempo fa è quello di non aver comprato un piccolo disegno bellissimo di Picasso che mi avevano offerto e non avevo accettato perché all’epoca era una cifra molto importante ed ero restia a spendere così tanto. Ho commesso un errore madornale perché oggi quell’opera vale moltissimo e non potrò più prenderla. Poi ci sono tutte le opere degli artisti che tu desideri e non riesci a prendere; in questo momento ci sono alcuni artisti che sono molto ricercati tra i contemporanei, anche tra i giovani, e ci sono delle liste di attesa, lunghe trattative con le gallerie che spesso riservano le opere ai loro clienti abituali. Un nervoso! Ti mostrano le opere, ma non te le vendono, incredibile. 

Arte come desiderio, passione ma soprattutto condivisione. Questo spazio nasce con l’obiettivo di esporre opere meravigliose, dare loro nuova vita attraverso gli occhi di quanti le potranno ammirare esposte. Cosa pensa tuo padre del risultato ottenuto?

Gli piace moltissimo e tutti i giorni viene a dirmi che mancano ancora delle opere. Sorride timidamente. Io gli rispondo di avere pazienza, che si tratta di un progetto appena partito che necessita di tempo per essere perfezionato, ma lui mi ripete imperterrito che mancano opere di qua o di là. Mi ritengo molto soddisfatta anche da questo punto di vista perché forse, pensandoci sinceramente, pur essendo un progetto condiviso, si trattava soprattutto di un suo desiderio. Abbiamo pensato di utilizzare opere contemporanee perché sono più divertenti, tuttavia avremmo potuto tranquillamente mettere oggetti suoi, anche antichi. Uno spazio dedicato all’arte contemporanea realizzato per essere vissuto e ripensato in molti modi diversi nel tempo.

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Farete vivere questo spazio attraverso degli eventi?

Nel corso di quest’anno particolare, dedicato a Brescia e Bergamo capitale della cultura 2023, organizzerò degli eventi probabilmente su invito perché siamo comunque all’interno di un’azienda. Avevo pensato anche di prevedere delle visite in collaborazione con Eventbrite per quanti non mi conoscono e desiderano visitare lo Spazio Almag per l’Arte Contemporanea. Al momento ci stiamo ancora organizzando, ma certamente sarà un ambiente vivo e carico di emozione.

Arte immersiva, un meraviglioso spazio dedicato che diventa anch’esso un’opera tra le opere. Una stanza destinata ai new media, digital animation, NFT… 

Abbiamo voluto creare questa stanza dove mettere tutti i video, che siano video arte o NFT, per fare delle proiezioni di qualche documentario o film a breve d’artista. Ammetto di amare molto i video e quindi ho pensato che fosse una buona idea, anche con un occhio al futuro prossimo, creare un “angolo specifico” dedicato alle proiezioni.

A proposito di NFT, cosa ne pensi? 

In generale mi hanno attirato molto e per questo motivo ho deciso di inserirli subito nella mia collezione di arte contemporanea. Per il futuro non saprei davvero che dire, non lo sapevo qualche mese fa e lo immagino ancora meno adesso con questi sbalzi importanti del mercato legati alle criptovalute e quant’altro. Di certo il Metaverso e tutto il mondo digitale è destinato a prendere sempre più spazio, anche nelle nostre vite, perché oggi si può solo andare avanti e stare al passo coi tempi.

Un’opera esposta che ti è particolarmente cara?

Ovviamente mi piace tutto! Se dovessi scegliere un’opera che per me rappresenta un pò una sintesi dell’arte contemporanea, anche in maniera forse un po’ umoristica… direi la panchina in marmo di Jenny Holzer con la scritta “Future is stupid”, un’opera che mi piace molto perché racchiude tutte le caratteristiche del contemporaneo. Dove l’hai acquistata? L’ho presa tramite Hauser & Wirth. Seguo il lavoro di quest’artista da molto tempo e oltretutto ho avuto modo di conoscerla personalmente due settimane fa per la prima volta quando sono andata a Londra. Lei fa anche moltissime altre cose interessanti, ma io avevo in testa questo lavoro da tanto; mi capita di pensarci anche per uno, due e persino cinque anni e poi magari, ad un certo punto, arriva l’occasione e riesco ad avere quel pezzo.

Sogni e desideri. Se in questo momento potessi aggiungere un’opera alla collezione, anche impossibile, cosa sarebbe?

In questo momento potrei rispondere l’ultima cosa su cui mi sono intestardita, un’opera di Doron Langberg, un giovane pittore israeliano che neanche conoscevo e che adesso mi sembra di desiderare a tutti i costi. Mi capita spesso in realtà, amore per l’arte! Scherza. E invece, se posso sognare e rispondere in assoluto, anche se non è un contemporaneo, direi che un bel disegno di Picasso ci starebbe bene… 

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