Tullia Bruni Zani

Emozioni, paure, pensieri che bucano l’obiettivo e rimangono per sempre

La maggior parte dei fotografi, solo a un certo punto della loro carriera, decide di iniziare a fotografare le persone. E’ stato così anche per te?

Mi è sempre piaciuto ritrarre le persone ma inizialmente ho fotografato paesaggi e luoghi visitati nei miei viaggi, la vera passione per il ritratto è arrivata dopo.

Si dice che ogni fotografo ritrattista ha un suo stile. Il tuo qual è?

Il mio intento è quello di ritrarre il soggetto cercando la sua peculiarità individuale per questo lascio spazio affinché chi ritraggo possa sentirsi a suo agio e riesca a far emergere la sua personalità rivelando se stesso al mio obiettivo. Di solito riesco ad interagire bene e con facilità con le persone che fotografo e spesso nasce un bel rapporto. Mi piacerebbe sempre riuscire a far emergere la bellezza e la luce che c’è in ognuno di noi.

Pensi sia possibile cogliere in un unico scatto la totale essenza di una persona?

Assolutamente si.

William Shakespeare una volta scrisse: “Gli occhi sono lo specchio dell’anima.”

Ritengo che questo sia verissimo, lo sguardo di una persona rivela tantissimo della sua personalità e del suo essere.

A volte però il soggetto si scopre invece attraverso una espressione insolita.

Vero anche questo, dopo un breve imbarazzo iniziale, arrivano gli scatti veri nei quali il soggetto si lascia andare e prova delle espressioni che gli piacciono sotto la mia guida. E’ allora che inizia il vero divertimento per entrambi.

In effetti il ritratto pone faccia a faccia due persone: quanta importanza ha l’empatia?

A mio avviso l’empatia è molto importante. Il ritratto non è solo vedere il soggetto ma riuscire ad entrare in contatto con lui, cogliere la sua essenza. Molte volte chi viene ritratto prova un senso di insicurezza, si sente “imperfetto”, talvolta inadeguato, forse teme di essere visto dallo sguardo di un’altra persona e apparire diverso rispetto all’immagine che ha di sé. Qui entra in gioco la capacità del fotografo di smontare queste paure e di riuscire a mettere a proprio agio il suo soggetto, guadagnando la sua fiducia. Direi che l’empatia è proprio la capacità di entrare in relazione, in sintonia e di raggiungere una complicità. 

Hai un soggetto ideale che ti piacerebbe fotografare? Un piccolo sogno…

In verità desidero da tantissimo tempo poter andare in Africa per fare dei ritratti ai Masai cogliendoli nei loro villaggi mentre stanno svolgendo le loro attività domestiche. Altro sogno è quello di  addentrarmi nel deserto per fotografare il popolo nomade, vivere nelle loro tende e fare scatti del loro vivere quotidiano.

Quando vuoi fare un ritratto ti prendi un po’ di tempo per studiare il tuo soggetto? Ti è utile sapere qualcosa sulla sua vita?

Dipende, a volte guardo sue fotografie ma questo accade raramente, preferisco parlare con chi ritraggo, capire come si vede, come ama essere fotografato e così cercare di creare insieme qualcosa che piaccia ad entrambi. Come già detto l’intento è quello di far sì che si senta a suo agio e che interagisca con il mio obiettivo esprimendo se stesso con libertà.

Dunque sono indispensabili oltre alla macchina fotografica anche l’occhio e il cuore.

Assolutamente si anzi direi che sono essenziali, la macchina fotografica è solo un mezzo ma nella fotografia deve sentirsi l’anima.

C’è qualche fotografo importante a cui ti ispiri, se c’è, quali lezioni ti ha lasciato?

Negli anni ho letto e studiato molti fotografi di epoche e stili diversi, direi che ognuno di loro mi ha insegnato molto. Amo profondamente Vivian Maier per l’espressività e il sentimento con cui ha saputo cogliere attimi di vita quotidiana nelle strade ma soprattutto perché non ha mai pubblicato le sue fotografie. Credo che a lei bastasse scattare e non sentisse l’esigenza di mostrare a nessuno le sue immagini. A volte provo esattamente la stessa cosa, non mi interessa tanto mostrare una mia fotografia quanto provare la soddisfazione nello scatto in sé. Amo anche tanto l’eleganza espressa da Gastel nei suoi ritratti, la voglia di avventura di Lee Miller, lo stile di Irving Penn nel ritrarre la figura in forte contrasto con lo sfondo e così via… ogni grande fotografo del passato mi ha dato spunti per riflettere e trarre ispirazione.

Hai mai pensato che nelle tue fotografie di ritratto forse più che cercare di evocare caratteristiche proprie del soggetto, in realtà cerchi te stessa?

No, questo non è mai successo; preferisco pensare di mettere in evidenza il soggetto ritratto, di dargli luce per esaltarne le caratteristiche.

Quali sono le foto a cui sei più legata e quanto il coinvolgimento personale è di aiuto?

Ho un bel ricordo di tante fotografie che ho fatto e provo sempre un’emozione fortissima quando scatto. Non mi interessa particolarmente la tecnica fotografica ma amo il momento che precede il click, perché è in quel momento che nella mia testa si crea la composizione, che opero le scelte che portano alla realizzazione della mia visione. Ogni volta è una grande emozione.

Diane Arbus sosteneva: «Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate». Dove si può spingere la fotografia di ritratto in questo senso?

La particolarità di Diane Arbus è stata quella di saper ritrarre le persone nella loro diversità, amava i personaggi eccentrici con i quali spesso creava un legame di amicizia quasi di intimità. La sua era  una provocazione consapevole, un mettere in discussione la normalità anche se la consapevolezza di questa diversità non sminuisce i suoi personaggi. Emblematica è la fotografia “Child With Toy hand Grenade” a Central Park. L’espressione maniacale del volto fu cercata facendo star fermo il ragazzo mentre lei gli girava intorno cercando l’angolazione adatta. Il ragazzo divenne impaziente chiedendole di sbrigarsi a fotografare e fece l’espressione attesa e voluta dalla Arbus per lo scatto. Ecco come portare il proprio soggetto alla propria visione e mostrare qualcosa con la fotografia che nessuno avrebbe potuto vedere prima che fosse fotografato: un comune ragazzo intenzionato solo a farsi fotografare appare invece con un’espressione di violenza mentre tiene in mano una granata giocattolo.

Guardando le tuo foto balza subito all’occhio che la luce è fondamentale in fotografia e forse nel ritratto lo è ancora di più.

La luce è fondamentale per il ritratto perché permette di sottolineare l’espressione voluta, di creare un gioco di ombre che rende più interessante la fotografia, in sostanza contribuisce a rendere il ritratto più accattivante.

In questi anni hai collezionato diversi premi e riconoscimenti. C’è né qualcuno a cui sei particolarmente affezionata?

Direi di no. Amo talmente fotografare e mi fa stare talmente bene il farlo che il mio obiettivo è già raggiunto con lo scatto. Questo non toglie che i riconoscimenti facciano piacere ma già l’emozione che provo in ogni scatto mi gratifica e mi motiva nel continuare a coltivare questa mia grande passione.

Mi fai venire in mente che Robert Capa, uno dei più grandi fotografi di guerra del Novecento, diceva spesso: «L’unica cosa a cui sono legato è la mia macchina fotografica, poca cosa, ma mi basta per non essere completamente infelice.» Tu cosa ami del tuo lavoro e cosa è per te la fotografia?

La fotografia è la mia grande passione, quando fotografo dimentico tutto il resto. Per ora l’ho coltivata come hobby e spero che in futuro possa essere qualcosa di più a patto che questo mi permetta di continuare ad emozionarmi per ogni scatto.

Che consigli daresti ad un amico che si avvicina oggi al mondo della fotografia?

Divertiti molto nel fotografare e cerca di esprimere te stesso nelle tue fotografie ma soprattutto fallo con il cuore. Impara le regole per trasgredirle.

Per concludere – quindi – il ritratto perfetto qual è?

Il ritratto perfetto? Quello che fa dire al soggetto ritratto “questo sono io”, quello che ti risveglia qualcosa dentro, quello che ti fa venire voglia di riguardarlo per scoprire qualcosa che non avevi visto prima …

Total
0
Shares
Previous Article

Andrea Casta

Next Article

MORMAN, il vero lusso è la nostra indole

Related Posts
Processing...
Thank you! Your subscription has been confirmed. You'll hear from us soon.
ErrorHere